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direttore Paolo Pagliaro

DE RITA: ORA LOCKDOWN
MA ITALIANI SI SVEGLINO

“Non siamo stati abbastanza decisi nel contrasto. Ora siamo in una terza ondata che si dice sarà terribile, e ha bisogno di una risposta totale. La campagna di vaccinazione veloce e a tappeto, io vaccinerei anche in mezzo alla strada, e insieme a questa il lockdown. Si deve essere inflessibili su queste due cose. Sono quelle a cui la gente dà affidamento. Se il Cts dice che siamo vicini al baratro, non ci possono essere mezze misure”. Lo afferma il fondatore e presidente del Censis, Giuseppe De Rita, in una intervista al Messaggero. E della sua esperienza di vaccinazione, da 90enne, dice: “Ho notato una cosa. C'è stato un assembramento tra chi faceva la prima puntura e chi il richiamo. E sono volate urla da parte di questi ultimi: ma come, ci siamo salvati dal Covid finora e adesso rischiamo che voi, non ancora vaccinati, ce lo passate!” e “ho raccontato questo episodio perché conferma il livello profondo di paura in cui gli italiani si trovano. L'unica possibilità di salvarsi dal Covid è il vaccino e questo è diventato il trofeo da mettere in bacheca. La richiesta che viene ora dal Paese è fortissimamente il vaccino. La richiesta che sta nascendo e che nei prossimi mesi, se l'incubo contagio diminuisce, si prenderà la scena è un'altra e la riassumo così: dateci una motivazione, esistenziale, lavorativa, economica, sociale, per andare avanti”. E Draghi “per ora non parla, giustamente. Quando sarà risolto il problema della paura, la gente si aspetta da lui un discorso del tipo: ho risolto l'emergenza sanitaria, e adesso vi dico su che cosa possiamo motivarci tutti insieme. Dovrà entrare nella testa di ciascuno e fare in modo che ognuno si sentirà motivato. Dopo la seconda guerra mondiale, eravamo motivati come matti a ripartire. E anche negli anni '70, quando facevamo economia sommersa, nel boom delle piccole imprese, nell'inizio della grande stagione del made in Italy. Eravamo fortemente motivati quando disegnavamo lavatrici e scarpe” ma ora “andando in giro il sabato pomeriggio a Roma ho notato una cosa. La gente affolla il centro ma non entra nei negozi. Sembriamo un popolo in trance. Guardiamo le vetrine, ma non mettiamo a fuoco e non compriamo. Vedendo queste scene mi sono detto: ma che cavolo, abbiamo bisogno di reagire! Poi ho pensato: magari siamo un popolo in letargo. Ma ci sveglieremo a primavera? Me lo chiedo di continuo” e “la logica del Recovery Plan è tutta basata sullo slittamento delle cose da fare molto avanti nel tempo. Si immagina molto il futuro ma si pensa troppo poco al qui e ora. La visione ci vuole ma non a scapito della concretezza. Uno che deve riaprire il bar, non si sente motivato dalla transizione ecologica nel 2030. Uno che torna in ufficio dopo lo smart working vuole che la motivazione cominci subito, sulle cose da fare e non su quelle da immaginare. Se non facciamo questo scatto immediatamente pragmatico, il rischio è che molti torneranno in letargo”. (red)

 

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