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Quando i simboli
vanno in frantumi

Quando i simboli <br>vanno in frantumi

di Raffaella Gherardi

Erano i primi giorni del 2018 quando in molti siti ambientalisti europei e anche in svariati media vennero riportate le immagini della scalata da parte di alcuni attivisti di Greenpeace della imponente ex Chiesa cattolica di San Lamberto a Immerath, in Germania (Immerather Dom), nella regione della Renania. Essi vi appesero un grande striscione giallo sul quale era scritto: “Chi distrugge la cultura distrugge anche gli esseri umani.” (Wer Kultur zerstőrt, zerstőrt auch Menschen.) Dopo alcune ore lo striscione venne rimosso e gli attivisti allontanati dalle forze dell’ordine e fu possibile di lì a breve procedere con efficienti mezzi meccanici all’abbattimento, già da tempo programmato, dello Immerather Dom, per far posto all’allargamento di una gigantesca miniera di lignite a cielo aperto.

Immediatamente comparvero anche sul web i filmati della distruzione di quello che per secoli era stato un importante edificio di culto, (presente fin dal XII secolo e nei secoli successivi più volte riedificato e ampliato e ricostruito, nella sua forma tardo-ottocentesca, anche dopo i gravi danneggiamenti riportati nel corso della seconda Guerra mondiale), saturo della storia di un intero territorio tedesco e delle eredità in senso ampio e della cultura del suo popolo. I commenti che accompagnavano i filmati in oggetto suonavano largamente concordi: sotto i colpi delle ragioni della economia e perdippiù di una economia “arretrata” come quella del carbone, rappresentata nella fattispecie da un grande colosso tedesco dell’energia, si faceva tabula rasa di una importante testimonianza altamente simbolica per i cittadini, segno vivo del loro stesso patrimonio artistico-culturale. Alcuni commentatori si spingevano oltre i confini tedeschi, allargando all’intera Europa l’accusa di aver imboccato la via della rinuncia alle proprie radici sotto gli inflessibili colpi di scavatori, gru, macchinari vari di demolizione che a Immerath e altrove si fanno beffe delle ragioni della cultura e della storia e dei loro retaggi, nel segno di ragioni economiche fini a se stesse.

Prescindendo dalle considerazioni appena richiamate, certo la data precisa dell’abbattimento della Cattedrale di Immerath, il 9 gennaio 2018, si dimostrava già di per sé idonea a innescare qualche preoccupata riflessione in più da parte della opinione pubblica a proposito delle reali volontà dei governi di perseguire effettivamente strategie economiche nel segno delle energie rinnovabili e del rispetto dell’ambiente. Solo pochi mesi prima (e per la precisione il 18 novembre 2017) si era infatti concluso proprio a Bonn il ventitreesimo appuntamento annuale della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite (COP), nata dalla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, (UNFCCC: United Nations Framework Convention on Climate Change). La padrona di casa, Angela Merkel, nel suo intervento ai lavori della Conferenza, aveva ribadito la volontà del suo paese di tener fede agli Accordi di Parigi (2015), proseguendo nella adozione di misure idonee a limitare il riscaldamento globale e a incentivare le energie rinnovabili, avviandosi progressivamente al bando del carbone. L’ampliamento di una miniera di lignite anche a prezzo della demolizione di una cattedrale significativa e artistica memoria storica come poteva suonare in tal senso? Certo la risposta scontata da parte dei responsabili politici di tale demolizione sarebbe certamente quella che la decisione era stata presa parecchi anni prima. La società mineraria in questione già nei primi anni 2010 aveva in effetti provveduto a demolire e ricostruire su un nuovo sito gran parte degli edifici della località di Immerath e l’ultima Messa nella cattedrale era stata celebrata nell’ottobre del 2013; di lì a poco la chiesa era stata sconsacrata. La stessa società aveva anche assunto l’impegno, celermente attuato, di costruire una nuova chiesa, più piccola e idonea ad accogliere un minor numero di fedeli, rispetto a quelli molto più numerosi del passato, residenti nel territorio circostante. Nel segno dell’ampliamento della miniera di lignite persino il precedente cimitero di Immerath era stato traslocato (esumando e trasferendovi i corpi precedentemente sepolti) nel nuovo sito e dunque l’abbattimento finale dello Immeratherdom era soltanto l’ultimo atto di decisioni pregresse… Ecco dunque bello e spiegato il presente. E gli impegni sottoscritti nell’ambito di COP 23? Quelli, appunto, riguardano il futuro…

Ora, quando mancano pochi mesi all’appuntamento del prossimo novembre di COP 26, possiamo solo sperare che nel periodo immediatamente successivo alla stessa (e agli impegni che auspicabilmente vi verranno presi) non dobbiamo ancora una volta assistere a demolizioni della cultura, della storia, della memoria che rendono assai poco credibili una progettualità innovativa e rispettosa dell’ambiente da costruire insieme per il futuro.

(© 9Colonne - citare la fonte)