di Paolo Pagliaro
Ci lasciamo alle spalle un anno di anniversari infausti. L’ultimo è passato pressoché inosservato, forse per carità di patria. Nel dicembre del 1941, dunque esattamente ottant’anni fa, l’Italia dichiarava infatti guerra agli Stati Uniti. Fu una delle tante decisioni dissennate del Duce, che sottovalutava la forza del nuovo nemico. In un libro intitolato “Il caso Mussolini”, uscito a Parigi e ora pubblicato in Italia da Neri Pozza, Maurizio Serra, accademico di Francia e in passato ambasciatore a Berlino e Mosca, indaga sulle ragioni che spinsero il capo del fascismo a gettare il suo e nostro paese in un conflitto a quel punto planetario. Ma Serra ritiene che la risposta sia di competenza degli psicanalisti.
Anche se da allora molta acqua è passata sotto i ponti, permane in Italia una certa diffidenza nei confronti di quello che nel frattempo è diventato l’amico americano. Dall’annuale sondaggio Ispi, pubblicato in questi giorni, risulta infatti che nel caso di una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina, per oltre due terzi degli italiani l’Europa e dunque il nostro Paese non dovrebbero schierarsi. I filoamericani sono solo il 28% e c’è anche un 8% convinto che l’Europa dovrebbe prendere le parti della Cina.
Ma la notizia è che sono cambiate radicalmente le priorità. Sei anni fa, quando l’Ispi cominciò le rilevazioni, gli italiani pensavano che la minaccia più grave a livello globale fosse il terrorismo islamico. Quest’anno al primo posto ci sono la pandemia e i cambiamenti climatici. E alla domanda sull’avvenimento che nel 2021 ha dato più speranza, la maggioranza non ha dubbi e- prima del Recovery Fund, degli impegni sul clima e delle grandi svolte geopolitiche - indica l’andamento delle campagne vaccinali. Primum vivere.