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direttore Paolo Pagliaro

INFLAZIONE, REDDITI
SOTTO PREPANDEMIA

INFLAZIONE, REDDITI <BR> SOTTO PREPANDEMIA

L’inflazione annulla la ripartenza dei redditi degli italiani, riportandoli – in termini reali - sotto i livelli prepandemia, con una perdita complessiva di oltre 6 miliardi di euro rispetto al 2019. Tra il 2019 ed il 2023, in valori nominali, il reddito medio delle famiglie italiane è passato da poco più di 38.300 euro a oltre 43.800 euro l’anno. Un salto di oltre 5.500 euro che, purtroppo, è solo virtuale, perché annullato di fatto dall’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione, infatti, nel 2023 il reddito reale medio per famiglia è ancora 254 euro (-0,7%) inferiore a quello del 2019.

È quanto emerge da elaborazioni sui redditi delle famiglie e sull’occupazione effettuate da CER e Ufficio Economico Confesercenti sulla base dei dati disponibili Istat, a quattro anni dall’annuncio del lockdown del 9 marzo 2020.

Calano i redditi da trasferimenti pubblici. Ad arginare il calo del reddito medio delle famiglie italiane, la crescita del reddito medio da lavoro autonomo – professionisti, imprenditori, partite IVA – che, al netto dell’inflazione, nel 2023 supera i 43.600 euro, quasi 1.600 euro in più rispetto al 2019. Variazione positiva anche per il reddito derivato da altre fonti, voce che include i redditi da capitale, da patrimoni, da rendite finanziarie etc., che cresce di 1.178 euro rispetto a cinque anni fa.

Nello stesso periodo, il reddito medio in termini reali da lavoro dipendente segna un mini-aumento di 180 euro. Calano nettamente, invece, i redditi da trasferimenti pubblici (-1.819 euro), che includono pensioni, indennità e altri sussidi. A pesare è l’adeguamento solo parziale delle pensioni al caro-vita del periodo, contestualmente al progressivo esaurimento, a partire da metà 2023, del reddito di cittadinanza.

Gli andamenti nelle regioni. Il calo del reddito medio rilevato a livello nazionale è la sintesi di tendenze territoriali molto diverse tra loro. Per le famiglie di sette regioni, il bilancio è positivo, prevalentemente a nord: a registrare un aumento del reddito medio in termini reali rispetto al 2019 sono infatti Valle d’Aosta (+2.951 euro, l’incremento più alto), Lombardia (+1.930 euro), le province autonome di Trento (+1.639 euro) e Bolzano (+2.237 euro), Veneto (+241 euro) e Friuli-Venezia Giulia (+483 euro).

Tra le regioni che hanno ‘battuto’ l’inflazione, anche la centrale Umbria (+1.391 euro sul 2019) e, nel mezzogiorno, la Puglia (+150 euro) e la Basilicata, che vede il reddito medio reale crescere di 2.907 euro in cinque anni, l’incremento maggiore dopo quello della Valle d’Aosta: un risultato positivo, cui ha contribuito lo sviluppo nella regione, negli ultimi anni, delle industrie estrattive e turistica. La maggior parte dell’Italia, invece, resta indietro: il confronto tra il reddito medio reale del 2023 e quello del 2019 è negativo in tutte le altre regioni, con variazioni comprese tra i -69 euro l’anno del Molise e i -4.000 euro delle famiglie della Sardegna, che subiscono il crollo di reddito reale più rilevante.

La maglia nera, però, resta alla Calabria: il reddito medio reale delle famiglie della regione nel 2023 è di poco sotto i 29mila euro l’anno, oltre 18mila euro in meno del reddito medio reale delle famiglie di Bolzano (oltre 47mila euro l’anno).

(© 9Colonne - citare la fonte)