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direttore Paolo Pagliaro

L’Italia del secondo Dopoguerra negli scatti di Federico Garolla

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

L’Italia del secondo Dopoguerra negli scatti di Federico Garolla

Villa Pisani a Stra (VE), lungo la Riviera del Brenta, è lo scenario perfetto per la monografica di Federico Garolla, a cura di Uliano Lucas e Tatiana Agliani, proposta con il titolo “Gente d’Italia. Fotografie 1948 - 1968” e visitabile dal 24 aprile al 27 ottobre. La mostra è promossa dalla Direzione regionale Musei Veneto - Museo Nazionale di Villa Pisani in collaborazione con Suazes e l’archivio Federico Garolla. La sontuosa villa affrescata da Tiepolo, con il suo celebre labirinto e il magnifico parco, diventa dunque il luogo della messa in scena di uno spaccato della nostra società nel secondo Dopoguerra attraverso la sensibilità di Garolla. Anni di ripartenza ma ancora carichi di difficoltà come rappresentato dalla difficile quotidianità di vita nei paesi della Riviera del fiume Brenta, dove la gente comune cercava di sottrarsi ad una stentata sopravvivenza. Quella efficacemente colta da un reportage di Garolla realizzato nel 1956 e che, riprodotto in grandi immagini, popola di ricordi il parco della Villa all’interno dello spazio delle scuderie. Sono gli anni Cinquanta, con il periodo d’oro delle riviste illustrate e la diffusione della televisione è ancora un fenomeno lontano. Garolla diventerà principale testimone dell’affermazione delle grandi sartorie dell’alta moda romana, di cui diventerà uno dei protagonisti, rendendo un servizio di posa un reportage inserito all’interno della quotidianità. La mostra riunisce assieme oltre 100 fotografie che offrono uno spaccato completo della sua produzione, dai suoi reportage dedicati al mondo del cinema, il suo innovativo lavoro dedicato al mondo della sartoria romana con ritratti di Valentino, Capucci, le Sorelle Fontana e Schuberth. La sua passione sono però gli artisti come Guttuso e De Chirico ripresi nei loro atelier, i musicisti da Stravinsky a Rubinstein, agli scrittori come Elsa Morante e Ungaretti - cui si prestò di fare da autista pur di godere della sua vicinanza - questi sono solo alcuni dei suoi reportage dedicati all’evolversi della situazione italiana a cavallo fra la spinta a diventare tra i Paesi più industrializzati e il profondo legame con la tradizione. “Una selezione di fotografie realizzate da Garolla proprio nei luoghi attigui al complesso di Villa Pisani e che abbiamo voluto esporre in un’installazione all’interno del Parco - sottolinea Loretta Zega, direttrice del Museo Nazionale di Villa Pisani - Una sezione che s’integra alla mostra (circa 100 fotografie) e che coglie lo spirito dell’Italia del secondo Dopoguerra, gli anni in cui, con affanno, si cercava di sanare le divisioni e le ferite di una guerra persa e dalla trascorsa tragedia si traeva forza e creatività per avviare quello che più tardi sarà riconosciuto come il “Miracolo italiano”. Federico Garolla nasce a Napoli nel 1925. Nel 1936 si trasferisce in Eritrea con la famiglia, dove si avvicina al mondo del giornalismo e della fotografia, scrivendo sul Corriere di Asmara. Alla fine della Seconda guerra mondiale rientra in Italia, a Napoli, dove collabora con il Mattino, il Domani d’Italia, la Settimana Incom Carta. Nel 1950 si trasferisce a Milano dove si dedica completamente al fotogiornalismo: realizza numerosi reportage per prestigiose testate come L’Europeo, Tempo Illustrato, L’Illustrazione Italiana, Oggi. Suoi scatti sono pubblicati anche su riviste straniere quali Paris Match, National Geographic, Colliers, Stern. Nel 1951 è inviato speciale di Epoca e, in seguito, per Le Ore. Dal 1953 documenta la nascita dell’alta moda italiana, immortalando i giovani stilisti nei loro atelier e le modelle per strada per riviste come Eva, Annabella, Donna, Bellezza, Arianna, Grazia e Amica. Nel 1956 si trasferisce a Roma dove fonda Foto Italia dell'Agenzia Italia di cui è il primo direttore. Nello stesso tempo testimonia la vita culturale italiana immortalano pittori, scrittori, musicisti, attori di cinema e teatro. Ma fotografa anche la gente comune e la vita negli anni del Dopoguerra. Negli anni Sessanta apre l'agenzia di pubblicità Studio GPO e realizza campagne per aziende come Cirio, Locatelli e Spigadoro. Illustra rubriche di gastronomia e libri di cucina pubblicati da Longanesi e De Agostini. Nel 1968 inizia la sua attività in Rai in qualità di regista e giornalista per alcune rubriche del TG e per una serie di documentari. Al contempo realizza reportage fotografici dedicati a musei, luoghi d'interesse architettonico e paesaggistico, pubblicati poi da Mondadori, Rizzoli, Domus, De Agostini. Nel 1982 con Mario Monti costituisce una casa editrice che dà alle stampe guide di musei attingendo al suo ampio archivio fotografico. Alla fine degli anni Novanta si dedica alla catalogazione e al recupero del suo archivio. Negli anni 2000 chiude la casa editrice e si occupa, con la figlia Isabella, alla sola valorizzazione del proprio archivio. (gci)

“IL RITRATTO E IL SUO DOPPIO”: A RICCIONE GLI SCATTI DI VIVIAN MAIER

Riccione ha accolto una nuova coinvolgente rassegna espositiva, “Vivian Maier. Il ritratto e il suo doppio”, dallo scorso 20 aprile al 3 novembre a Villa Mussolini. La mostra, curata da Anne Morin con Alberto Rossetti, è promossa dal Comune di Riccione e organizzata da Civita Mostre e Musei in collaborazione con diChroma photography e Rjma Progetti Culturali. Sono 92 gli scatti realizzati prima con la fotocamera Rolleiflex e poi con la Leica, ai quali si aggiungono alcuni video girati in Super8, che trasportano idealmente i visitatori nelle strade di New York e di Chicago, dove i continui giochi di ombre e riflessi mostrano la presenza-assenza dell’artista che, con i suoi autoritratti, cerca di mettersi in relazione con il mondo circostante. Gli scatti raccontano la sua vita in totale anonimato fino al 2007, quando il suo immenso e impressionante lavoro, composto da più di centoventimila negativi, filmati Super 8mm e 16mm, diverse registrazioni audio, fotografie stampate e centinaia di rullini non sviluppati, venne scoperto in bauli, cassetti e nei luoghi più impensati da John Maloof, fotografo per passione e agente immobiliare per professione che li acquista un po' per caso, salvandoli dall’oblio e rivelando al mondo l’immenso patrimonio fotografico di Vivian Maier. “La mostra dedicata a Vivian Maier si inserisce nella grande stagione della cultura e degli eventi espositivi che a Riccione sta portando alcuni tra i più grandi nomi della fotografia e della scena artistica internazionale - dichiara Sandra Villa, vicesindaca e assessora alla Cultura del Comune di Riccione - Dopo il grande successo della retrospettiva di Robert Capa, Riccione ospita un altro straordinario appuntamento dedicato alla fotografia e al talento di una delle più acclamate rappresentanti della street photography. Vivian Maier ha trascorso tutta la vita nel più totale anonimato in cui ha colto e fissato col suo obiettivo scene e personaggi di vita comune nelle strade di New York e Chicago. In questo anonimato ha coltivato il suo talento, ha saputo cogliere l’essenza della vita comune in cui ha voluto rappresentare anche se stessa, in maniera così straordinaria e moderna, e affermare la propria esistenza. Siamo orgogliosi di dire che Riccione, con le sue residenze storiche di Villa Mussolini e Villa Franceschi e con una programmazione culturale ambiziosa e apprezzata, si sta confermando sempre più come sede di importanti eventi espositivi, capace di trasformare la città in una destinazione turistica e culturale tutto l’anno”. (gci)

CANOVA INTERPRETATO DA LUIGI SPINA ALLA GYPSOTHECA DI POSSAGNO (TV)

Tra fotografia e statue affascinanti: dallo scorso 20 aprile fino al 29 settembre, il Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (TV) ospiterà la mostra nata dal progetto di ricerca fotografica “Canova Quattro Tempi” di Luigi Spina. Il racconto, frutto di quattro campagne fotografiche realizzate anno dopo anno, è iniziato nel 2019 e ha dato vita ad altrettante pubblicazioni edite da 5 Continents. L’ultima di queste ha di recente vinto la medaglia d'oro come miglior libro d'Arte attribuita dall’ICMA - International Editorial-Design & Research Forum. Per la mostra, Luigi Spina ha selezionato 32 fotografie in bianco e nero di grande formato, tra le più rappresentative dei temi amorosi, mitologici, eroici presenti nella Gypsotheca di Possagno. Proponendoli in dialogo con le opere di Canova esposte nell’Ala Gemin della Gypsotheca stessa. Le interpretazioni di Spina accompagnano in mostra i gessi canoviani di riferimento. Ecco le immagini delle danzatrici affiancate alla danzatrice canoviana, ritratti reali e ideali in dialogo con le rispettive fotografie, la Pace e la Maddalena del Maestro a confronto con immagini della contemporaneità. “Queste opere - afferma la direttrice Moira Mascotto - entrano a far parte del patrimonio del Museo di Possagno con l’ambizione, una volta conclusa la mostra, di dar vita a nuovi progetti espositivi con importanti istituzioni museali nazionali e internazionali con i quali siamo già in dialogo. Il progetto diverrà così messaggero del Museo e del genio canoviano e, al contempo, farà nascere nuove virtuose collaborazioni”. Ribadisce Luigi Spina: “Ognuno dei Quattro Tempi mi ha introdotto alla conoscenza delle differenti densità del gesso. Le sculture sono emerse in ogni dettaglio e possibile postura. Il mio proposito: rivendicare la contemporaneità del Classico. Il suo essere trasversale a tutte le epoche”. Luigi Spina nasce a Santa Maria Capua Vetere nel 1966. L’uso del bianco e nero è alla base del suo processo creativo. I temi della sua opera sono gli anfiteatri e il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, la ricerca di antiche identità culturali, il confronto fisico con la scultura classica, l’ossessiva ricerca sul mare, le cassette dell’archeologo sognatore. Il suo filo conduttore è la ricerca della bellezza, fugace e temporanea. Una bellezza che, tuttavia, è mitica e rigenerativa rispetto alla transitorietà della vita umana e alla fragilità delle certezze umane. Nel 2014 gli viene dedicata una monografia, “L’Ora Incerta”, nella collana “Electaphoto” e, nello stesso anno, “The Buchner Boxes” è pubblicato da 5 Continents Editions. Nel 2015 ha esposto il progetto “Danzatrici” presso l’Aeroporto Civile di Capodichino, Napoli, pubblicato lo stesso anno da 5 Continents Editions nella linea Tailormade con il titolo “Le Danzatrici della Villa dei Papiri” (2015). In anni recenti ha pubblicato “Diario Mitico” (2017), decennale ricerca sui marmi della Collezione Farnese del Museo Archeologico di Napoli, “Hemba” (2018), una ricerca fotografica sulla scultura africana, e “Tazza Farnese” (2018). Con 5 Continents Editions e Valeria Sampaolo dà vita alla collana Oggetti rari e preziosi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che a oggi comprende i titoli “Memorie del Vaso blu” (2016), “Amazzonomachia e Centauri” (2017), “Sette sapienti, Zefiro e Clori e Satiro Ebbro” (2018). È presente, inoltre, nell'Atlante di Arte Contemporanea a Napoli e Campania, 1966-2016 a cura di Vincenzo Trione. (gci)

A CONVERSANO (BA) L’OCCASIONE DI AMMIRARE L’ARTE DI MARC CHAGALL

Un’occasione unica per approfondire uno dei protagonisti della storia dell’arte. Dallo scorso 20 aprile fino al 27 ottobre, al Polo Museale - Castello Conti Acquaviva D'Aragona di Conversano (BA), sarà visitabile la mostra “Chagall. Sogno d’amore”: oltre 100 bellissime opere attraverso cui viene raccontata tutta la vita e l’opera di uno degli artisti universalmente più noti e amati: Marc Chagall. A seguito dell’esperienza maturata lo scorso anno a Conversano con la mostra su Antonio Ligabue, che ha conseguito un grandissimo apprezzamento da parte dei visitatori, il Comune e Arthemisia rilanciano proponendo al pubblico un artista dalla portata internazionale. Marc Chagall (Bielorussia, 1887 - Francia 1985) è uno dei più grandi artisti al mondo e uno dei principali interpreti della pittura del Novecento che - con le sue opere universalmente note, un inconfondibile stile onirico e fantasioso e una vita ricca di tormenti - rappresenta un unicum nella storia dell’arte. Ebreo ed esule dalla sua patria, proprio per il credo religioso, nel 1910 si trasferisce a Parigi per approfondire gli studi artistici. Attivamente coinvolto nella Rivoluzione Russa, fonda un’accademia d’arte nella sua terra natia, contestata pesantemente dal Governo. Torna in Francia, ma la Seconda guerra mondiale lo costringerà a scappare in Spagna, in Portogallo e negli Stati Uniti. Nel 1944 perde la sua amatissima moglie, e questo sarà un ulteriore e tragico trauma nella vita e nell’opera dell’artista. Nel 1948 Chagall torna in Francia e si stabilisce in Provenza, dove abiterà fino alla sua morte nel 1985. “Chagall. Sogno d’amore” rappresenta una straordinaria opportunità per ammirare dipinti, disegni, acquerelli e incisioni dell’artista, un nucleo di opere rare e straordinarie, certificate e autorizzate dalla Fondation Chagall, provenienti da collezioni private e quindi di difficile accesso per il grande pubblico, che consentono di ripercorrere la traiettoria artistica del pittore dal 1925 fino alla morte. Ad arricchire la mostra anche tanti supporti multimediali come video, approfondimenti didattici ed elementi immersivi. Promossa e sostenuta dal Comune di Conversano Città d’Arte e Museco - Musei in Conversano, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia ed è a cura di Dolores Duran Ucar, una delle più importanti studiose dell’artista. La voce italiana della mostra è affidata alla storica dell’arte Francesca Villanti. La mostra vede come sponsor SIECO Sistemi integrati per l’ecologia e come mobility partner Ferrotramviaria spa, partner plus Magic Shop srl e Casavola Cataldo & C. snc e partner Vetrerie meridionali spa, Tel.net srl e Master Italy srl. Il catalogo è edito da Skira. (gci)

“NOSTALGIA”: A GENOVA L’ARTE RACCONTA UN SENTIMENTO UNIVERSALE

Palazzo Ducale di Genova ospiterà la mostra “Nostalgia. Modernità di un sentimento dal Rinascimento al contemporaneo”, visitabile dal 25 aprile al 1° settembre nelle sale dell’Appartamento del Doge. L’esposizione, a cura di Matteo Fochessati in collaborazione con Anna Vyazemtseva, è prodotta e realizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e rientra nell’ambito delle iniziative di Genova Capitale Italiana del Libro. Il progetto espositivo coinvolge oltre 120 opere che tracciano un itinerario tra le arti figurative dal Quattrocento al Contemporaneo, il cui filo conduttore è il sentimento della nostalgia declinato in diverse accezioni e modalità espressive. Tra i capolavori in mostra per l’occasione, provenienti da prestiti di prestigiosi musei e collezioni private italiane e internazionali, figurano opere di Albrecht Durer, Luca Giordano, Jean Auguste Dominique Ingres, Francesco Hayez, Giovanni Boldini, Evelyn De Morgan, Giacomo Balla, Giorgio De Chirico, Florence Henri, Lucio Fontana, Yves Klein e Anish Kapoor. La mostra prende il via dal prezioso volume “Dissertatio medica de Nostalgia” (1688), proveniente dalla Biblioteca dell’Università di Basilea, nel quale Johannes Hofer individua nella nostalgia una vera e propria patologia che affligge in particolare i soldati svizzeri durante le trasferte militari. A partire dal volume, il percorso espositivo traccia un sentiero lungo diverse epoche che racconta la nostalgia attraverso una moltitudine di storie e punti di vista. Dalla nostalgia di casa alla nostalgia dell’altrove, dall’epoca classica all’età della propaganda, dall’approccio intimistico all’affondo filosofico, il percorso espositivo si snoda attraverso dipinti, sculture, arti decorative, grafiche e volumi illustrati e restituisce il ritratto corale di un sentimento universale e senza tempo, descrivendo epoche e sensibilità differenti. “Nostalgia” è accompagnata da un catalogo edito da Electa Mondadori, che ripercorre lo sviluppo della mostra attraverso documentazione fotografica e contributi dedicati al tema della nostalgia tra cui, oltre a quelli dei curatori, figurano i testi critici dello storico Ferdinando Fasce, del sociologo Paolo Jedlowski, del critico letterario e poeta Antonio Prete, dello storico della cultura francese moderna Thomas Dodman e dello storico dell’arte e dell’architettura Tim Benton. Spiega Ilaria Bonacossa, direttrice di Palazzo Ducale: “La Nostalgia, e la sua dimensione ‘sentimentale’, sembrano oggi fuori moda; forse per il ritmo serrato della vita quotidiana soggetta a incessanti stimoli mediatici nella vertiginosa connessione digitale, oppure perché il valore del nuovo insieme alla necessità d’essere al passo con i tempi trasforma l’idea di guardare ‘indietro’ di aprirsi a spazi altri in una perdita di progresso. Siamo tutti all’inseguimento di nuove emozioni dimenticando il valore di quelle passate, per questo la scelta di Palazzo Ducale di presentare e produrre una mostra sulla Nostalgia nell’arte attraverso cinque secoli con la sua dimensione articolata e profonda diventa un segno importante, la volontà di dare spazio a un tempo del pensiero in una società incentrata solo sul cambiamento”. (gci)

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