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Negli anni della crisi
raddoppiati i poveri

Negli anni della crisi <br> raddoppiati i poveri

di Paolo Pagliaro

(6 aprile 2016) Tra i grandi paesi europei, l’Italia è quello con il maggior numero di poveri. Quelli che le statiche definiscono “a rischio di povertà ed esclusione sociale” sono il 28,3% della popolazione, 17 milioni e 146 mila persone, due milioni in più rispetto al 2008, quando iniziò la crisi economica. Quelli che si trovano invece in condizioni di povertà assoluta, che non sono cioè in grado di procurarsi i beni e i servizi essenziali, sono il 7%, più del doppio rispetto a otto anni fa. Un milione sono bambini o ragazzi.

Le cifre sono state fornite ai deputati delle commissioni Lavoro e Affari Sociali da Paolo Sestito, capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia.

Oltre ad accrescere il numero dei poveri, la crisi ne ha anche in parte modificato il profilo. Prima erano in genere persone sole con almeno 65 anni. Adesso la povertà è prevalente tra le famiglie con almeno un figlio o tra le ragazze madri. Avere un lavoro non mette al riparo dal rischio, soprattutto se il lavoro è precario o è un part-time involontario: e infatti nel 43% delle famiglie povere c’è qualcuno che per le statistiche risulta occupato. D’altra parte, un reddito modesto non significa necessariamente povertà se ci sono altri redditi all’interno della famiglia. E’ per questo che, secondo le stime della Banca d’Italia, solo una minima parte degli 80 euro stanziati da Renzi (il 10%) è andata a beneficio di chi ne avrebbe avuto più bisogno.

Più mirata ed equa sembra invece la legge-delega per il contrasto alla povertà che – quando sarà approvata - toglierà all’Italia il disonorevole primato di essere l’unico paese europeo privo di una misura di sostegno per tutte le persone povere.

C’è naturalmente un problema di finanziamenti, che sarebbe sicuramente meno gravoso se grandi ricchezze nazionali non fuggissero a Panama per evitare di essere tassate.

(© 9Colonne - citare la fonte)