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ITALIANI AMANTI DEL VINO,
MA NON INTENDITORI

ITALIANI AMANTI DEL VINO, <BR> MA NON INTENDITORI

Amante del vino, ma non intenditore. Questo il ritratto del consumatore italiano tipo emerso dall'ultimo studio della Fipe - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che in occasione del Vinitaly delinea un quadro dei consumi di vino fuoricasa nel 2015. L'85% degli intervistati ha dichiarato di non ritenersi per nulla esperto o in pochissima parte di enologia, e per questo tende ad orientare le proprie scelte in base, spesso, ai consigli del ristoratore o del sommelier. “A fronte dell'arresto nella flessione dei consumi emersa in questo ultimo anno - dichiara Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe - dall'indagine vengono a delinearsi alcuni trend significativi: i clienti italiani dimostrano di apprezzare sempre più le qualità del vino e gli aspetti nutrizionali, storici, culturali ed edonistici che lo valorizzano. Molti pubblici esercizi hanno raccolto queste nuove esigenze del consumatore, investendo sulla cantina, inserendo le mezze bottiglie oppure proponendo la mescita a bicchiere, una scelta che consente di degustare vini di qualità a costi contenuti rispetto all'acquisto di un'intera bottiglia. Un altro importante vantaggio risiede nel fatto di poter provare in uno stesso pasto vini diversi abbinandoli alle varie tipologie di cibo, alimentando lo sviluppo di una cultura enogastronomica. Cogliendo queste nuove esigenze che rispondono anche ai cambiamenti sociali, che vedono la consistente crescita dei single e una sensibilità sempre maggiore verso il tema degli abusi di alcool. Per quanto concerne invece le tipologie di vino, emerge una crescente preferenza per le etichette nazionali e territoriali nell'ottica di dare sempre più spazio a proposte del territorio di riferimento, filosofia che viene prediletta anche dai ristoratori con carte del vino meno articolate e maggiormente improntate a proposte locali. Il consumatore italiano, nonostante dichiari di conoscere poco il mondo dell'enologia, si dimostra particolarmente attento alla qualità, ad esempio nella preferenza di etichette a denominazione di origine e nel fatto di affidarsi ai consigli del personale di sala o del sommelier. Il ristorante si dimostra a questo proposito determinante nell'orientare i consumi, soprattutto per quanto concerne le etichette di maggior prestigio: il 70% delle vendite relative passa infatti proprio dai pubblici esercizi”. Ma quali saranno le tendenze per il 2016? L'attenzione alla qualità sembra essere il leitmotiv. Per il futuro i ristoratori vedono in crescita il vino in calice (secondo il 94% degli intervistati), etichette regionali/locali (secondo il 94,5% degli intervistati) e a denominazione (secondo il 74,8% degli intervistati), e, al contempo, proposte poco impegnative (secondo il 67,8% degli intervistati) e con basso contenuto di alcol (secondo il 51,9% degli intervistati). Grande attenzione verrà data da parte dei ristoranti ai vini biologici (per il 60,9% degli intervistati) e a basso contenuto di solfiti (per il 67,5% degli intervistati). Un altro trend riguarda il fattore "sostenibilità": la doggy bag, con la possibilità per il cliente di portare a casa il vino non consumato, incontra crescenti consensi (secondo il 55,7% degli intervistati). Poco amato risulta invece il vino sfuso, in flessione secondo il 66,7% degli intervistati. (Red – 8 apr)

http://www.fipe.it/comunicazione/note-per-la-stampa/item/4414-vino-gli-italiani-lo-preferiscono-al-ristorante-i-dati-fipe-a-vinitaly.html

 

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