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direttore Paolo Pagliaro

LA MINORANZA PD
ATTACCA RENZI

LA MINORANZA PD <br> ATTACCA RENZI

Si è aperta sulle note di “Bandiera Rossa” e con una citazione di Star Wars la manifestazione della minoranza Pd che si è riunita al Teatro Vittoria di Roma per ribadire il suo No all’operato di Matteo Renzi sia nella sua attuale veste di segretario del partito che in quella passata di capo del Governo. Davanti a una platea stracolma (è stato allestito un maxischermo all’esterno per permettere anche a chi non è riuscito a entrare all’interno del teatro di poter assistere ai lavori) hanno preso la parola Enrico Rossi, Roberto Speranza e Michele Emiliano, i tre candidati che al prossimo congresso dem (scissione permettendo) contenderanno la segreteria a Matteo Renzi. Ed è proprio l’ex premier il bersaglio principale dei tre interventi, reo di aver mutato la natura del Pd trasformandolo nel “PdR” e di aver perseguito politiche giudicate inique nella sua permanenza a Palazzo Chigi. In prima fila Pierluigi Bersani - salutato con un’ovazione dai presenti - Massimo D’Alema e Guglielmo Epifani. Il predecessore di Renzi ha subito un “attacco” da Enrico Lucci, giornalista e personaggio televisivo, che ha cercato di avvicinarsi a lui travestito da soldato dell'Armata Rossa. Bersani, senza scomporsi, lo ha invitato a farsi da parte senza rispondere a nessuna domanda: “Quando ti vesti seriamente ne parliamo, qui non si scherza”.

 

ROSSI. Il primo a parlare sul palco è stato il governatore della Toscana, organizzatore dell’evento che inizialmente avrebbe dovuto lanciare la sua candidatura ma che poi è stato “aperto” agli altri due sfidanti vista la possibile separazione delle due anime del partito: “Se il segretario, accentuando il carattere leaderistico della sua guida vuole fare in Italia ciò che Macron sta facendo in Francia e cioè costruire una forza né di destra né di sinistra con agenda neo-reaganiana, questa forza non sarebbe più il Pd. La spaccatura sarebbe nei fatti e a fare la scissione sarebbero gli elettori di sinistra”. Ma quello che Rossi contesta con più forza alla gestione renziana sono politiche a suo avviso troppo sbilanciate verso chi ha meno bisogno a scapito dei più deboli: “Si è preferito tagliare l'IMU anche a chi come me poteva pagarla e non sappiamo cosa rispondere a un lavoratore disoccupato”, ha ammonito tra gli applausi.

 

SPERANZA. A seguire ha parlato Roberto Speranza e anche lui ha agitato lo spettro della scissione: “Se non si dovessero capire gli errori, sarà normale un nuovo inizio, la conseguenza naturale e scontata di un percorso”. L’ex capogruppo alla Camera dei Deputati - che ha detto di aver sentito Renzi a telefono - ha poi attaccato sulla gestione della crisi interna, riferendosi alla recente “disavventura” del vicesegretario Lorenzo Guerini: “Ci sono le responsabilità del capo e del gruppo dirigente. Per avere qualche verità dobbiamo aspettare un fuorionda”. Speranza ha poi ribadito le condizioni della minoranza per evitare la scissione: “Da noi una proposta di buon senso: voto nel 2018 per poter fare un congresso normale anticipato da una discussione vera, una legge elettorale che garantisca rappresentanza e governabilità. Senza queste condizioni, il Pd diventerà il partito dell'avventura: il Pd non esisterà più”.

 

EMILIANO. L’ultimo dei tre candidati a intervenire è stato Michele Emiliano, che ha infiammato la platea e non ha rinunciato alla sua consueta ironia: “Io sono qui a farvi sorridere, questo è il mio compito nel terzetto”. Il governatore della Puglia ha poi sferrato i suoi fendenti: “Io ero uno dei sostenitori di Matteo Renzi, mi scuso con voi ma non ero l'unico. Eravamo convinti che una nuova generazione avrebbe aiutato il Pd e l'Italia ad uscire da una crisi profonda”. E ancora: “Questo sta diventando il partito di una persona. Attorno al capezzale di questa persona si avvicendano nel tentativo di trovare una soluzione”. E non è mancato ovviamente un riferimento alla possibile scissione, che secondo Emiliano sarebbe ancora evitabile qualora il segretario dem apra all’ipotesi dell’assemblea programmatica da svolgersi prima del congresso assicurando al governo Gentiloni il sostegno fino a fine legislatura. Tuttavia, qualora l’ultima trattativa (che proprio Emiliano starebbe portando avanti come “ambasciatore” della minoranza) dovesse definitivamente naufragare, la scissione non spaventa: “Noi speriamo di non dover dire cose drammatiche nelle prossime ore ma se dovesse essere necessario non avremo paura. Non costruiremo un soggetto avversario del Pd ma non aspetteremo altro che ricostruire questa comunità”, ha concluso il governatore della Puglia.

 

SCENARIO. Restano dunque poche ore per evitare la scissione del Partito Democratico. Da una parte Renzi, dall’altra tutte le anime del Pd che - da posizioni diverse - cercano di trovare una sintesi per evitare l’implosione. Perché se è vero che la minoranza è già con un piede fuori, anche quelli che non evocano scissioni - Orlando, Martina e Franceschini e tanti altri - sottolineano la loro distanza dall’accelerazione che l’ex premier vorrebbe imprimere al suo partito a alla legislatura. Tutto è nelle mani dell’ex rottamatore: dovrà scegliere se cimentarsi nell’arte della diplomazia o se rompere definitivamente con i suoi avversari interni e lasciarli andare, col rischio di mandare via con loro un discreto numero di elettori. Chi lo conosce scommette tutto sulla seconda ipotesi, ma sia mai che la notte gli porti consiglio? (Fas – 18 feb)

 

(© 9Colonne - citare la fonte)