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GENTILONI: BREXIT SARA' CAMPANELLO D'ALLARME

GENTILONI: BREXIT SARA' CAMPANELLO D'ALLARME

A un anno dal referendum sulla Brexit, il bilancio dell'Unione Europea non è poi così negativo come si poteva pensare. "Doveva essere un anno orribile per l'Unione europea dopo la Brexit, ma molte di queste previsioni si sono rivelate infondate, anche se viviamo in un contesto difficile" dice il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, in Senato in vista del Consiglio europeo del 22 e 23 giugno. "La Gran Bretagna era un Paese dall'europeismo riluttante, ma pur sempre un paese economicamente importante, e si stava diffondendo l'idea che l'Europa non fosse la risposta ai nostri problemi ma ne fosse in un certo senso la causa: oggi lo scenario è molto diverso". Visto anche l'esito delle recenti elezioni in Gran Bretagna che hanno segnato un brusco ridimensionamento dei conservatori di Theresa May, secondo Gentiloni "chi si presenta al negoziato, oggi, non lo fa certo con una posizione di forza favorevole. Noi non siamo né per una hard Brexit né per una soft Brexit, siamo per una chiarezza in particolare per il destino delle migliaia di italiani che abitano in Gran Bretagna". In ogni caso, un anno dopo si può dire che "la Brexit più che una campana a morto è stata una robusta sveglia per l'Unione Europa, sono sicuro che guarderemo al voto britannico come a un campanello d'allarme che ha rimesso l'Europa sulla buona strada".

A patto però, avvisa Gentiloni, che l'Unione il cui progetto "è più che mai attuale, deve cambiare se stessa, e noi dobbiamo avere la forza di tenere queste due cose insieme. Mi auguro che questa missione possa essere rafforzata anche dalla nuova leadership francese, che ha puntato proprio su questa scommessa di cambiamento". "L'attuale crescita europea non deve essere limitata da regole fatte in un altro periodo e per un altro contesto: c'è bisogno di unione monetaria, welfare, crescita, altrimenti faremo fatica". Quell'Europa che si è dimostrata unita nei confronti degli Stati Uniti e nella difesa dell'accordo di Parigi "dire che gli accordi non si rimettono in discussione significa dire che non si rimettono in discussione. So benissimo che la strategia degli Usa non è negare il tema dei cambiamenti climatici ma ridiscutere gli impegni presi con gli accordi di Parigi, ma è qualcosa che non intendiamo rinegoziare") ma che è ancora molto indietro, accusa il premier, dal punto di vista dell'immigrazione: "Nonostante qualche passo in avanti la velocità con cui l'Ue si muove sul terreno delle politiche comuni resta drammaticamente al di sotto delle esigenze di governo e gestione di questo fenomeno. Lo diremo apertamente anche a Bruxelles".

(21 giu - Sis)

(© 9Colonne - citare la fonte)