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BONACCINI: HO TENUTO
UNITE LE REGIONI

“Non spetta a me dare pagelle alle singole Regioni, ma è sempre più evidente che a mancare sono i vaccini più che l'organizzazione. C'è un piano vaccinale ed è nazionale” e “non dimentichiamoci che all'Italia è stato consegnato il 60% in meno dei vaccini previsti: qui a doversi fare un esame di coscienza serio sono le multinazionali farmaceutiche”. Così Stefano Bonaccini, in una intervista a La Stampa, appena lasciato il suo incarico, tenuto dal 2015, di presidente della Conferenza Stato-Regioni, ora passato al governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. Quindi ribadisce: “Non abbiamo fatto deroghe, stiamo vaccinando anziani e fragili. Raccontiamo anche questa Italia” e, sottolinea, “per come ho visto io all'opera il generale Figliuolo, ritengo possa centrare la sua missione”. Poi, sul brusco cambio della guardia alla guida delle Regioni, dopo che il presidente dell’Abruzzo Marsilio ha chiesto a Bonaccini di lasciare l’incarico, commenta: “Ho guidato la Conferenza delle Regioni collaborando con cinque governi diversi e con colleghi presidenti di colore politico differente, cercando sempre l'unità delle posizioni. Il mio mandato era a disposizione, anche alla luce della schiacciante maggioranza di regioni di centrodestra. Avevo solo chiesto, questo sì, una soluzione unitaria, per non lasciare un vuoto o spaccare la Conferenza in questo momento. Così è stato e sono contento. Massimiliano Fedriga, il nuovo presidente, potrà contare sul mio sostegno leale per rafforzare unità tra Regioni e collaborazione col governo”. C'è stato un momento nel quale si è rischiata una rottura pericolosa tra Regioni e governo? “All'inizio non sapevamo nemmeno contro cosa doverci battere. Ci sono stati momenti durissimi, nei quali non potevamo permetterci di far trasparire lo sconforto che avevamo dentro. Non lo nego: talvolta non è stato facile far comprendere al governo l'importanza di avere le Regioni unite, altre volte la difficoltà è stata quella di convincere le Regioni a non contrapporsi al centro”. Non manca un passaggio dedicato al fututo del Pd dopo che il neo-segretario Letta ha capovolto il paradigma di Zingaretti nel rapporto con i 5 Stelle: Conte non più il punto di riferimento delle forze progressiste ma il partner di un'alleanza nella quale il Pd vuole la leadership: “Condivido. Ho sempre detto che bisogna costruire un centrosinistra largo, che faccia perno su un Pd più grande e con una chiara e forte identità riformista e progressista. Sono convinto che in questo campo debbano esserci anche i 5 Stelle: soprattutto se si accetta che l'orizzonte comune è rafforzare la democrazia contro il populismo; se si sceglie l'Europa dei diritti e della solidarietà contro il sovranismo”. (10 apr – red)

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