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Le Olimpiadi di Agnelli
e l’Expo di nessuno

di Salvatore Tropea

L’esito della partita, per dirla in gergo calcistico, era scontato. La competizione tra Arabia Saudita, Italia e Corea del Sud per la sede di Expo 2030 non poteva non avere l’esito che ha avuto. Si è imposta Riad su Roma e Busan per ragioni  fin troppo evidenti. La forza economica e finanziaria saudita, com’era facile prevedere e come in effetti è avvenuto, ha avuto la meglio sulle altre due candidature. E a testimoniarlo sono i numeri: 119 voti per Riad e a grande distanza i 29 a favore di Busan e i 17 per Roma. Un risultato che induce a qualche considerazione e non tanto per lo scarto scontato rispetto a Riad quanto per quel terzo posto, dodici punti sotto Busan, seconda città portuale della Corea del Sud con tre milioni e mezzo di abitanti e poco altro.

Una “brutta sconfitta” per il sindaco Gualtieri, una “delusione” per Virginia Raggi che aveva proposto a suo tempo la candidatura, sicuramente una pessima figura per il governo di Giorgia Meloni che non è stato in grado di sostenerla come sarebbe stato necessario fare. Data per scontata la forza di attrazione della Rau, che già si era imposta con i Mondiali di Calcio, questo risultato conferma la tendenza a privilegiare opzioni che non tengono in alcun conto valori che non siano quelli dei soldi. Ma resta il fatto che Roma non è riuscita ad andare oltre un modesto pugno di voti. E questo evidenzia, semmai ve ne fosse bisogno, la sua perdita di peso e la sua deriva verso un’irrilevanza che espone malamente la assieme al Paese.
Insomma una brutta pagina che richiama alla memoria un’altra di segno opposto risalente a una ventina di anni fa. Era una sera d’autunno e il sindaco di Salt Lake City, città che aveva ospitato le ultime Olimpiadi invernali, era venuto a Torino per il passaggio della consegna della Fiaccola dei Giochi del febbraio del 2006. Gianni Agnelli aveva voluto partecipare a quella cerimonia e, a dispetto delle sue già precarie condizioni di salute, era presente nella Sala Rossa del consiglio comunale. Lo avvicinai mentre stava seduto sui banchi degli assessori, non immaginando che sarebbe stato quello l’ultimo dei mieti tanti incontri, professionali e non, con lui. Un sorriso triste accentuava il suo volto sofferente. Gli chiesi con garbo se era vero che si era si era attivato personalmente per la candidatura di Torino. Lui rispose che Torino era una città che meritava di ospitare le Olimpiadi e che non c’era stato nessun bisogno di esercitare alcuna pressione. “Torino è una città che ha tutti i titoli per fare quello che è chiamata a fare e lo farà bene” disse.
 Tutti però sapevano che non era andata così e che l’Avvocato aveva avuto il suo peso. I giochi si celebrarono sulle montagne del Piemonte ma lui non visse abbastanza per essere presente sulle nevi familiari di Sestriere. Ora è ben noto che in contese internazionali di un certo rilievo bisogna sapersi destreggiare e le personalità che possono influenzarle senza venir meno alle regole del gioco hanno il loro peso. Eccome. Questo per dire che in una circostanza come questa della corsa a Expo 30 non sarebbe stato comunque facile battere i sauditi ma sarebbe stato quanto meno possibile non finire alle spalle di Busan con un esiguo pugno di voti.
 

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