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La destra è destra
e non cambia mai

La destra è destra <br> e non cambia mai

di Salvatore Tropea

Alle critiche dell’opposizione sulle reiterate inadempienze del governo, sinora Giorgia Meloni e i suoi alleati si sono limitati a rispondere “ma perché non lo avete fatto voi?”. Una contro-domanda che poteva avere una qualche ragione per i primi cinque-sei mesi ma dopo un anno e mezzo alla guida di Palazzo Chigi è solo la misera giustificazione di chi non avendo risultati decenti da mettere sul tavolo non trova di meglio che rifugiarsi dietro la più logora espressione di manifesto infantilismo politico.
Un comportamento che verosimilmente, non solo non cambierà, ma tenderà a essere il solo percorso sul quale si muoveranno le forze politiche della maggioranza man mano che si andrà verso l’appuntamento con le elezioni europee. Con l’inevitabile conseguenza di un inasprimento della “nobile gara” già in atto tra loro per la conquista dell’elettorato di destra, contesa che già da qualche tempo sembra affascinare i media impegnati a dare conto delle sortite di Meloni e Salvini (per non parlare di altre figure minori di FdI e Lega) per stabilire chi tra loro è più a destra di chi.
Una indagine il cui risultato dovrebbe essere scontato per la ragione che in Italia la destra ha sempre faticato ad adottare comportamenti e linguaggi liberali con ciò finendo per scivolare verso un fascismo non necessariamente in orbace ma pur sempre pericoloso.
Su questa deriva la Meloni è un Giano bifronte; istituzionale e controllata nel suo ruolo di presidente del consiglio attenta e misurata nel mantenere un atteggiamento filo-occidentale, ma pronta -difficile dire se consapevolmente o meno- a tirare fuori le unghie della leader di una destra il cui linguaggio non si è mai imposto per eleganza. Al punto che, a sentirla quando parla in alcune manifestazioni di partito, sembra un’altra persona, più Garbatella che Palazzo Chigi. Il suo vice nonché ministro per le Infrastrutture e i Trasporti non sembra neppure interessato a rispettare queste apparenze. Matteo Salvini non si preoccupa di salvare la faccia ma procede a testa bassa e con voluttà su una strada che lo ha già portato sulle posizioni della estrema destra europea per alcuni aspetti lontane da quelle della Lega originaria. Ora è ragionevole pensare che andando verso le elezioni europee sia la Meloni che Salvini, trovandosi a pestare l’erba dello stesso prato, tenderanno a radicalizzare la rispettiva posizione. Hanno già cominciato a farlo.
In un paese disincantato che ha archiviato col Novecento la politica dei partiti, i due ritengono di potersi muovere senza regole, affidandosi a un’apparente improvvisazione nella ricerca di nuovi sbocchi, ma di fatto restando ancorati a un passato che lei semplifica con “Dio, Patria e Famiglia” mentre lui si accontenta di sventolare la bandiera del “popolo sovrano” al quale offrire la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Il fatto è che, come si diceva una volta, la destra è la destra, e non cambia se non per andare più a destra. Proprio per questo la Meloni e Salvini la rappresentano al meglio non quando si sforzano di stare nel ruolo istituzionale ma quando sbroccano a parole e nei fatti diventando tristi macchiette di un teatro che non ha più alcun rispetto per i suoi spettatori.

(© 9Colonne - citare la fonte)