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Perché Meloni deve guardarsi soprattutto dagli alleati

di Salvatore Tropea

Tutto lascia pensare che Giorgia Meloni sia convinta di avere i numeri - intesi come consensi nelle aule parlamentari- per arrivare alla primavera del 2027 consolidando così il record di durata della legislatura. E’ questa una certezza che però deve fare i conti con quella fugacità della politica derivante in larga parte dal progressivo prevalere dei movimenti guidati da un leader -spesso si tratta di un capopopolo- sulla struttura dei partiti tradizionali, un fenomeno che si è andato accentuando a partire dalla fine del secolo scorso con conseguente volatilità delle maggioranze.
La storia di Berlusconi, Di Maio, Renzi, Salvini, fatta di rapidi successi seguiti da altrettanto rapide cadute, ne è una documentata testimonianza. E in quanto tale anche una lezione che in politica però si tende a trascurare. Ci sono passati in parecchi e oggi tocca a Giorgia Meloni. Insediata da un anno e mezzo a Palazzo Chigi dispone di numeri che non dovrebbero mettere a rischio il suo governo, anche se i partiti che ne fanno parte, compreso il suo, vanno collezionando incidenti con una ripetitività che potrebbe rivelarsi fatale senza che sia chiaro a nessuno di essi quale possa essere il loro futuro fuori dall’attuale maggioranza. In più, le elezioni europee ancor prima di quelle politiche costituiscono un passaggio stretto che rischia di far saltare quella pace sinora assicurata dalla partecipazione al governo, che sinora non sembra aver favorito tutti in eguale misura. A nessuno sfugge che la relativa tranquillità della Meloni, al di là della forza numerica del suo partito, si rispecchia in una progressiva perdita di peso della Lega e di Forza Italia che però devono fare di necessità virtù e perciò sostenere Meloni non avendo al momento altra alternativa. Salvini vede di giorno in giorno ridimensionarsi i consensi che fino a oggi gli hanno permesso di fare la voce grossa e gli epigoni di Berlusconi non godono di migliore salute. Ma sia l’uno che gli altri sono costretti a stare al gioco, passando come salamandre nel fuoco di scandali che in una situazione appena normale sarebbero motivo di crisi. Ministri, sottosegretari e personale vario del centrodestra sono alle prese con la magistratura quotidianamente ma continuano a restare ai loro posti nonostante le sparatorie, i traffici di opere d’arte, le bancarotte fraudolente e i crescenti dubbi delle cancellerie europee sulla capacità del governo Meloni.
Le cronache quotidiane disegnano bene questa situazione anche se i sondaggi non sembrano indicare per il momento un segnale leggibile come la fine della luna di miele di Giorgia con l’elettorato italiano. Ma il fatto che a trarre il maggiore vantaggio siano il suo partito e lei personalmente induce a pensare che gli altri due alleati vivano con fastidio questa loro inferiorità e che in vista delle urne potrebbero trovare alto il prezzo della loro partecipazione al governo. E questa è più che una buona ragione per pensare che “it’s long way to” giugno 2027.

(© 9Colonne - citare la fonte)