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Mafie, una situazione
maledettamente seria

Mafie, una situazione <br> maledettamente seria

di Piero Innocenti

La relazione sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) nel secondo semestre del 2015 è stata presentata in Parlamento, nei giorni scorsi, dal ministro dell'interno Alfano, così come vuole la legge. Una gran bella "tesi di laurea" da 110 e lode, di 292 pagine (di cui 62 di allegati e diagrammi), da tenere in bella vista in libreria o un documento di estrema rilevanza, prezioso per tracciare strategie contro tutte le mafie che stanno asfissiando il paese? Non ho notato reazioni particolarmente preoccupate di deputati e senatori. E' pur vero che si era alla vigilia delle ferie agostane quando, si sa, c'è molta distrazione della classe politica. E anche della gente comune, che non vuole ancora ansie e tormenti, vuole staccare la spina almeno per un paio di settimane. Eppure la situazione è maledettamente seria. 

Proprio in quei giorni, ai primi di agosto, il Senato dava il via libera all'arresto del senatore Caridi, accusato dai magistrati di Reggio Calabria di gravi reati e di essere colluso con la 'ndrangheta. Non credo siano stati molti i parlamentari che hanno letto e studiato la corposa relazione della Dia. Se lo avessero fatto, il buon senso (o magari quello dell'onore, richiamato anche nell'art.54 della Costituzione) avrebbe dovuto imporre il rinvio delle ferie e la contestuale richiesta di una seduta straordinaria delle Camere per studiare i provvedimenti da adottare con urgenza per impedire che le mafie, italiane e straniere, arrivino a condizionare, definitivamente, interi settori dell'economia, della politica, della società civile. Una relazione molto ben articolata, chiara, di pregio, che dà conto della situazione reale delle mafie in Italia e delle loro proiezioni nel mondo. Non ne deriva una "rappresentazione macchiettistica del nostro paese" come ebbe a dire, molto incautamente, alcuni mesi addietro, il nostro presidente del Consiglio, in merito ai preoccupanti allarmi di Roberto Saviano e altri esperti. Espressione che ci ha fatto tornare alla mente l'altra infelice riflessione che aveva fatto, anni fa, l'allora ministro dei trasporti Lunardi, secondo cui in Italia "dovevamo abituarci a convivere con la mafia".
Sono trascorsi molti anni, decenni, e il desolante scenario italiano è (dovrebbe essere) sotto gli occhi di tutti. Non è nelle mie intenzioni contribuire a creare altre paure oltre a quelle che arrivano, quasi quotidianamente, dai gravi episodi di terrorismo in alcuni paesi europei. E, tuttavia, un richiamo su alcuni passaggi della relazione della Dia mi pare opportuno e doveroso. La gente deve sapere cosa "bolle in pentola" nel nostro paese con la criminalità mafiosa. A partire da tutte quelle numerosissime attività illecite svolte dalle diverse mafie che vanno dalla estorsione, all'usura, al riciclaggio, alle frodi, alla contraffazione, alle infiltrazioni negli appalti pubblici, dell'edilizia, dei servizi, del commercio, dei rifiuti, dell'illecita acquisizione di finanziamenti pubblici (comunitari e statali), nei settori della ristorazione, delle costruzioni, dei trasporti di merci e del movimento terra. Per non parlare del traffico di armi, dello sfruttamento della prostituzione, degli interessi in attività alberghiere e sui distributori di carburanti, delle infiltrazioni nella sicurezza privata, nella gestione dei servizi in materia ambientale, delle scommesse e giochi on line. E, ancora, i condizionamenti esercitati sulle politiche di rilancio nella filiera agroalimentare, le infiltrazioni nella floricoltura, la commercializzazione di reperti archeologici, il riciclaggio, il controllo dei trasporti su gomma da e per i mercati ortofrutticoli, le infiltrazioni nella gestione di bar e ristoranti, di pescherie e negozi di orologi, per arrivare al settore illegale più remunerativo di tutti e cioè il traffico di stupefacenti. E su quest'ultimo punto, in particolare, in oltre ottanta pagine della relazione Dia ci sono riferimenti al narcotraffico e allo spaccio praticati dalle mafie italiane -su tutte la 'ndrangheta - e dai gruppi "satellitari" stranieri.
Un panorama criminale decisamente desolante prodotto da una serie di cause "..tra cui la sottovalutazione culturale del fenomeno mafioso, la corruzione, la concussione, lo scambio elettorale politico-mafioso ed il condizionamento degli enti locali". La relazione termina con le considerazioni tratte dall'interevento fatto dal presidente della Repubblica Mattarella il giorno del giuramento quando ebbe a dire che "..per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci..e una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere". Il vero, grande problema, a ben vedere, è proprio questo.

 

 

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