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Il Paese dove le mafie
entrano nel Pil

Il Paese dove le mafie <br> entrano nel Pil

di Piero Innocenti

(16 marzo 2018) Il 21 marzo 2018 sarà la Giornata della memoria per ricordare le tante vittime delle mafie e per sensibilizzare la gente sul valore storico, istituzionale e sociale delle lotte antimafia che proseguono, da tanti anni. Una giornata simbolica, istituita con  la legge n.20 del 2017, che dovrebbe ricordare anche i tragici avvenimenti che hanno caratterizzato la storia recente (per esempio i delitti politico-mafiosi degli anni 1992-1994) ed i successi dello Stato nelle politiche di contrasto e di repressione.
Ma, su quest'ultimo punto, non si può fare a meno di rilevare la contraddittorietà che emerge dal fatto che, da oltre tre anni, le mafie sono diventate, in effetti, una"componente della ricchezza nazionale" in quanto i proventi (stimati) che derivano dalle loro principali attività criminali ( il commercio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione e il contrabbando di tabacchi lavorati) rientrano nel calcolo del Pil nazionale. Così, una buona fetta dell'economia criminale, quindi anche di quella mafiosa, per effetto di una decisione assunta nel 2014 dalle autorità europee di statistica, contribuisce alla ricchezza nazionale con un incremento annuo che, mediamente, si aggira intorno all'1% (più o meno uguale a quello della Spagna e superiore a quello del Regno Unito). La Commissione parlamentare antimafia, nella sua relazione conclusiva di fine legislatura trasmessa a febbraio scorso alle Presidenze di Camera e Senato ( ormai sciolte), ha opportunamente riservato alcune pagine del corposo documento al "peso dell'economia criminale", respingendo nettamente questa intrusione delle attività criminali nel computo della ricchezza del paese e sottolineando, con il contributo di conoscenze fornito, in particolare, dal Governatore della Banca d'Italia, l'impatto negativo delle mafie sull'economia. Valutazione che, comunque , "..stride, e non poco, con i nuovi metodi di ricalcolo del Pil del nostro Paese".
Non credo affatto che ci sarà quella auspicata "profonda riflessione da parte della politica" per evitare la "legalizzazione" statistica di proventi malavitosi sui conti nazionali e questo contribuirà ad aumentare il senso di scoramento e di avvilimento che stanno vivendo ampi settori delle nostre forze di polizia e della magistratura impegnate, ogni giorno, a contenere i citati fenomeni criminali, su tutti il narcotraffico.  Così, poliziotti, carabinieri e finanzieri che, svolgendo attività antidroga, hanno sequestrato, nel solo mese di febbraio scorso, 4676,599kg di stupefacenti (già 8.416kg dall'inizio del 2018), in gran parte marijuana e hashish, ma anche oltre mezza tonnellata di cocaina (dati DCSA elaborati l'8 marzo) su tutto il territorio nazionale, sono andati, di fatto, "contro l'economia nazionale" e magari le 3.068 persone denunciate (il numero mensile più alto degli ultimi anni) per delitti di traffico/spaccio potrebbero essere destinatari, in un futuro prossimo, di attestati governativi di pubblica benemerenza per il contributo dato al Paese nella "rinascita economica". Tutto ciò è paradossale ed "..è inaccettabile sul piano etico e politico.." come ha  sottolineato la Commissione antimafia nelle conclusioni della suddetta relazione.
Etica che è stata messa tranquillamente sotto i piedi quando è stato deciso dalle nostre autorità di Governo di far includere dall'ISTAT quelle attività illegali nel reddito nazionale lordo che l'Unione Europea aveva indicato come mera "possibilità", e non come obbligo, e valutando le descritte attività illegali solo quando riconducibili all'incontro volontario delle parti come nel rapporto spacciatore/consumatore, tra cliente e prostituta, tra cliente e contrabbandiere e non ricollegabili alla criminalità organizzata. Punto,francamente, incomprensibile, almeno per chi scrive. Resta, alla fine, l'invito della Commissione a riesaminare questa materia, perché "..l'economia criminale e, in particolare quella mafiosa, produce semmai sempre "ricchezza negativa", perché è di ostacolo ad una crescita pulita e trasparente, non solo economica, ma anche civile, dell'Italia, degli altri Stati membri dell'Unione e dei loro cittadini". E questo, nella "giornata della memoria" dovremmo ricordarlo anche a molti  di quei politici che hanno permesso al nostro Pil di diventare davvero "lordo".

 

 

 

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