(18 febbraio 2020) A metà gennaio la Stampa ha pubblicato un sondaggio commissionato dall’Osservatorio Solomon sull’antisemitismo in Italia. I dati raccolti da Euromedia Research sono sconfortanti: c’è un dieci per cento della popolazione convinto che la Shoah, con i suoi 6 milioni di ebrei ammazzati, sia un’esagerazione degli storici. E c’è anche una percentuale corrispondente a 700 mila persone convinta che Hitler non abbia torto un capello agli ebrei. Sono sempre meno i testimoni in grado di ristabilire la verità, e dunque sembra urgente che sia proprio la storia, disciplina chiave per la trasmissione del sapere, a offrire a tutti e soprattutto ai giovani una solida e documentata comprensione di ciò che è stato. Di questa necessità il professor Walter Barberis parla nel breve saggio “Storia senza perdono” pubblicato da Einaudi. La memoria inciampa pericolosamente nel transito tra una generazione e l’altra e non sono possibili trasfusioni. Il ricordo via via scema, l’attenzione di chi non c’era è sempre più scarsa. Ci salverà – scrive Barberis – solo la razionalità della ricerca, l’onestà dell’insegnamento e tanta umanità.
Indaga sulle radici dell’antisemitismo il libro di un’altra giovane studiosa, la storica Alessandra Tarquini che per il Mulino ha scritto “La sinistra italiana e gli ebrei”. E’ un’indagine sul rapporto intercorso fra socialisti, socialdemocratici, liberalsocialisti, comunisti e una minoranza religiosa bimillenaria. E’ una storia di incomprensioni e di ostilità. E certo non consola sapere che le espressioni di radicale antisionismo e di antisemitismo di cui si occupa il saggio di Tarquini non sono paragonabili a quelle espresse dalla destra, da una parte del mondo cattolico, o dai regimi totalitari.