Roma, 13 feb - “Dai dati che sono oramai forniti da decenni dalle principali istituzioni sanitarie, è ormai chiaro ed evidente che esiste una situazione sanitaria compromessa nella popolazione. Non solo è dimostrato, ma è stato dimostrato ampiamente dagli studi epidemiologici un nesso di causa ed effetto” tra le emissioni dell’impianto ex Ilva e il tasso di malattie negli abitanti di alcuni specifici quartieri di Taranto. Per questo, secondo Annamaria Moschetti, pediatra e membro dell’Associazione Medici per l’Ambiente, “non c'è nessuna valutazione di impatto sanitario che dimostri un livello produttivo innocuo per la salute umana. In più bisogna dire che ci sono alcune patologie, quelle meno grandi di bambini, che non sono state ancora accuratamente esaminate ed indagate. Noi pediatri e l'ordine dei medici siamo fortemente preoccupati per l'immissione delle sostanze neurotossiche a fronte delle evidenze scientifiche che mostrano i bambini che vivono a ridosso dell'area industriale soffrono una riduzione di quoziente intellettivo. Non è dimostrato un nesso di causa ed effetto, ma non credo che bisogna farsi forte del principio di precauzione, questo ci sembra importante”. Ma quale può essere una è la soluzione per l’ex Ilva che faccia bene sia al lavoro che soprattutto alla salute? “I medici forniscono, come dire, gli strumenti per i decisori politici, e non è il nostro compito stabilire le soluzioni, il nostro compito è indicare la situazione. Certo è che noi chiediamo che la popolazione non venga in alcun modo esposta a sostanze che possano inficiare lo stato di benessere e salute. La vita di un solo bambino vale quanto l'acciaio di tutto il mondo. Non è ammissibile il prezzo in termini di vite umane, della produzione dell'acciaio piuttosto che di altro. Al momento non c'è nessuna valutazione del danno sanitario che dimostri un livello di produzione innocuo per la salute umana”.
(PO / Sis)