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direttore Paolo Pagliaro

LAMPEDUSA 2013, IN MOSTRA
LA MEMORIA DEGLI OGGETTI

LAMPEDUSA 2013, IN MOSTRA <BR> LA MEMORIA DEGLI OGGETTI

All’alba del 3 ottobre 2013, un vecchio peschereccio con oltre 500 persone a bordo naufraga a ridosso dell’isola di Lampedusa. Vengono recuperati 368 corpi di persone di nazionalità eritrea. Per la prima volta, i corpi dei naufraghi sono visibili al mondo intero. È un evento che cambia la percezione dei naufragi e che scatena una reazione emotiva a livello politico, mediatico e sociale. Da quella tragedia, dal 2014 a oggi, si contano oltre 31.000 persone morte nel Mediterraneo con la speranza di raggiungere l’Europa. Gli arrivi via mare fanno parte del nostro immaginario delle migrazioni. Eppure, a distanza di dieci anni, l’opinione pubblica italiana (ed europea) sembra essersi assuefatta ai naufragi e alle morti in mare. La mostra “La memoria degli oggetti. Lampedusa, 3 ottobre 2013. Dieci anni dopo”, da oggi all’1 aprile, all’Eremo di Santa Caterina del Sasso, tramanda la memoria della tragedia del mare con gli oggetti appartenuti ai migranti morti nel naufragio (che hanno consentito di identificare le persone decedute anche grazie alle rilevazioni del DNA: una macchinetta rossa, un paio di occhiali da sole, una boccetta di profumo, uno specchio rotto, una bussola, un biglietto scritto a penna e ripiegato con cura nella tasca), le fotografie di Karim El Maktafi ed i video di Valerio Cataldi. L’eremo -  che nasce dal voto nel 1170 di un mercante salvatosi da un naufragio - ospita la mostra dopo il primo allestimento del Memoriale della Shoah di Milano, grazie alla collaborazione di Provincia di Varese, Archeologistics srl e Fraternità Francescana di Betania, nata da un’idea di Giulia Tornari, presidente di Zona e Valerio Cataldi, il giornalista Rai che a dicembre 2013 rivelò al TG2 il trattamento disumano riservato agli ospiti del centro di prima accoglienza dell’isola teatro della strage, che poi venne chiuso. La mostra, curata anche da Paola Barretta, Imma Carpiniello ed Adal Neguse, progetto di Carta di Roma e Zona, espone, oltre agli oggetti dei migranti, il lavoro inedito di Karim El Maktafi, fotografo italo-marocchino, che li ha documentati attraverso still-life ma anche immortalato il mare e i paesaggi di Lampedusa, luogo simbolo di approdo ma anche di tragedie e naufragio e realizzato i ritratti di alcuni dei soccorritori come Giusi Nicolini, già sindaco di Lampedusa e di alcuni sopravvissuti e parenti delle vittime. Arricchiscono l’esposizione gli audio dei primi che prestarono soccorso, il video del barcone inabissato e i servizi televisivi di Valerio Cataldi. Altro protagonista è Adal Neguse, rifugiato eritreo, con i suoi disegni e la sua storia: fratello di Abraham, vittima del naufragio, racconta con i tratti della matita le atrocità delle torture subite dai giovani del suo Paese che tentano di scappare dal regime. Non esiste alcun tipo di documentazione delle torture, per questo Adal le ha disegnate e i suoi disegni sono stati acquisiti come prova dalle Nazioni Unite nella risoluzione che condanna il regime eritreo per crimini contro l’umanità. (28 feb - red)

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