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direttore Paolo Pagliaro

QUANDO IL COMUNE PAGA
PER IL PEDONE CHE CADE

QUANDO IL COMUNE PAGA <BR> PER IL PEDONE CHE CADE

Molte strade italiane hanno una pessima manutenzione: ci sono buche, avvallamenti, crepe, tombini traballanti, griglie rotte, sconnessioni varie. Questo succede anche sui marciapiedi destinati al passaggio dei pedoni. Inciampare e cadere è facile. Occorre fare attenzione camminando, ma a volte la cautela non basta, se il pericolo è poco visibile. E cadendo ci si possono procurare serie lesioni personali, come fratture di gambe o braccia e distorsioni agli arti. Così in caso di caduta su marciapiede sconnesso, si pone il problema del risarcimento dei danni. I giudici si occupano spesso di queste vicende e ci sono sentenze che spiegano quando e perché la responsabilità della caduta deve essere attribuita all’Amministrazione pubblica, che dovrebbe provvedere alla cura ed alla manutenzione della strada. È il caso della sentenza dal giudice Eliana Tazzoli, pubblicata il 25 gennaio 2024 dalla seconda sezione civile del tribunale di Taranto nella causa iscritta sotto il numero d’ordine 4078/2020 del R.G. Dunque, il Comune dovrà risarcire la caduta sull’asfalto deformato a prescindere dal fatto che il pedone sia stato o meno imprudente. E ciò perché l’ente locale deve provvedere alla manutenzione delle strade: l’eventuale condotta incauta del danneggiato non esclude la colpa dell’amministrazione, che per essere esonerata dalla responsabilità del bene posto in sua custodia deve dimostrare l’eccezionalità e l’imprevedibilità nel comportamento del danneggiato nonché di avere fatto quanto in suo potere per rimuovere o ridurre l’incidenza della situazione di pericolo. Accolto quindi la domanda proposta dalla signora infortunata: ottiene un risarcimento di oltre 12 mila euro liquidati in base alle tabelle del tribunale di Milano. La signora era scivolata sull’anomalia del manto d’asfalto e si era ritrovata per terra lungo il marciapiede riportando un danno biologico permanente del 7 per cento, un’inabilità temporanea totale di trentacinque giorni. La danneggiata ha assolto l’onere della prova costituito a suo carico: “dimostra la lesione patita – si legge nella sentenza - e il nesso causale fra la cosa in custodia del comune e il pregiudizio patito. I due testimoni escussi, entrambi indifferenti alla vicenda, confermano la dinamica della caduta: riconoscono dalle foto mostrate lo stato dei luoghi e soprattutto presenza di un cordolo non segnalato”. Ad avviso del giudice, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Il Comune, da parte sua, non fornisce la prova di aver messo in atto tutte le precauzioni possibili affinché la cosa in sua custodia non fosse potenzialmente pericolosa: deve ritenersi che lo stato dei luoghi costituisce un contesto oggettivamente pericoloso creato in modo colposo dalla pubblica amministrazione: utilizzando la normale diligenza richiesta la danneggiata non avrebbe potuto evitare l’imprevedibile situazione di pericolo. Il tutto benché in base al principio di autoresponsabilità gli utenti della strada a siano gravati di un dovere generale di attenzione e diligenza: i pedoni, insomma, devono stare attenti a dove mettono i piedi”.

Credit foto: Frédéric Bisson

 (2 MAR – DEG)

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