Si aprono nuove prospettive per la tutela della street art, riconosciuta patrimonio culturale contemporaneo ma soggetta a rapido deterioramento. Infatti, non tutti i colori adoperati in queste opere hanno la stessa capacità di resistere nel tempo. A studiarne la causa e la modalità di degrado è una ricerca condotta dall’Università di Pisa, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dall’Università di Perugia, pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), nata nell’ambito di SuPerStAr (Sustainable Preservation Strategies for Street Art), un progetto coordinato da Francesca Modugno docente dell’Università di Pisa e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, attraverso un programma PRIN. Il caso di studio scelto è stato il murale “Musica Popolare” del collettivo Orticanoodles nel quartiere Ortica di Milano. L’opera, che raffigura alcuni protagonisti della musica e della cultura milanese, tra cui Dario Fo, Ornella Vanoni, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, si estende per quasi 400 metri quadrati su un cavalcavia ferroviario ed è divenuta un simbolo identitario per la città. Il metodo innovativo combina analisi spettroscopiche portatili, imaging iperspettrale e rilievi multispettrali da drone, integrati da analisi chimiche di laboratorio su microcampioni per ottenere mappe chimiche complete e di monitorarne lo stato di salute nel tempo, riducendo costi e tempi rispetto alle metodologie tradizionali. Le analisi effettuate sull’opera hanno rivelato che le tonalità in rosso, in particolare quelle realizzate con il pigmento PR112, sono più vulnerabili: sbiadiscono rapidamente e producono composti di degradazione. Al contrario, le tonalità in viola e giallo si dimostrano più stabili, mentre il nero e il grigio conservano più a lungo la loro intensità cromatica. A incidere è anche il tipo di legante: le resine acriliche e stireniche tendono a perdere brillantezza e a polverizzarsi, soprattutto in presenza di biossido di titanio, che accelera i processi di degrado.
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