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La riconferma di Rohani
e il futuro della Siria

La riconferma di Rohani <br> e il futuro della Siria

di Cristin Cappelletti

La riconferma di Hassan Rohani alla presidenza dell’Iran segna una grande vittoria per l’ala riformista dell’establishment persiano. Con una significativa maggioranza, il popolo iraniano ha rieletto per un altro mandato l’uomo artefice dell’accordo sul nucleare, preferendo un approccio più moderato rispetto alle politiche conservatrici del diretto sfidante Ebrahim Raisi.
La vittoria di Rohani apre dunque un altro capitolo nella storia della Repubblica islamica, facendo sorgere molte domande riguardo alle future mosse di Teheran. In particolar modo, oltre ai continui problemi interni legati al rispetto dei diritti umani, l’Iran è atteso al varco anche rispetto alla sua politica estera nel conflitto siriano, entrato ormai nel suo sesto anno.
Nella sua strategia di quattro punti per la Siria, redatta nel 2014, l’Iran aveva messo in chiaro quale fosse la sua posizione sul conflitto siriano e gli obiettivi da raggiungere nel breve termine. Un immediato cessate il fuoco, seguito da riforme costituzionali per salvaguardare le minoranze religiose; libere elezioni supervisionate da organizzazioni internazionali e la formazione di un governo di unità nazionale basato su una nuova costituzione. Ad oggi, a seguito dei colloqui di Astana, che hanno portato ad un piano per 4 zone cuscinetto, l’Iran, secondo quando affermato dal viceministro degli Esteri Hossein Jaberi Ansari continuerà ad attenersi al suo piano iniziale.
Eppure, gli interessi dell’Iran in Siria vanno ben oltre i punti condivisi dal suo progetto strategico. Sin dal 2011, anno dello scoppio della guerra civile, Teheran ha mostrato il suo incondizionato supporto al regime di Bashar al Assad. L’alleanza tra Siria ed Iran costituisce infatti una delle più durevoli e consolidate amicizie di tutta la regione. 
La perdita di Damasco costituirebbe per Teheran una battuta d’arresto tra le più significative dai tempi della rivoluzione islamica. Per mantenere Assad al potere, Teheran, per la prima volta nella sua storia militare, ha dispiegato sul campo le truppe appartenenti alle guardie rivoluzionarie per combattere assieme alle milizie fedeli al regime siriano. Una mossa che spiega bene quanto la Repubblica degli ayatollah sia pronta a fare tutto il necessario per assicurarsi un posto di rilievo nelle prime linee siriane.
L’eventuale caduta di Assad impedirebbe a Teheran di continuare ad esercitare un’influenza ad ovest, grazie al suo supporto ad Hezbollah, gruppo armato sciita libanese, finanziato e rifornito militarmente da Teheran attraverso il canale diretto con la Siria. Hezbollah rappresenta uno dei più importanti assi nella manica dell’Iran per contrastare Israele e l’influenza americana nella regione. Inoltre, la sconfitta di Assad potrebbe portare all’instaurarsi di un governo sunnita, supportato dalle monarchie del Golfo - Arabia Saudita e Qatar -, certo non favorevole a Teheran.
D’altro canto, l’Iran non rimane di certo a guardare. La strategia militare iraniana, per quanto preveda come primo obiettivo il mantenimento di Bashar al Assad al potere, ha pronto un piano di riserva. Le guardie della rivoluzione iraniana e la sua unità speciale, le forze Quds, comandate dal generale Qassem Suleimani, stanno costruendo importanti network sul territorio addestrando milizie sciite, che, nel caso di una sconfitta di Assad, garantirebbe a Teheran un relativo grado di ascendenza in Siria e un’importante influenza politica per fare leva su futuri accordi di pace.
Iran e Siria hanno rappresentato per quasi quarant’anni l’asse della resistenza mediorientale. Dalla guerra fra Iran e Iraq al lungo conflitto civile libanese, passando per la prima guerra americana nel golfo, e l’invasione statunitense dell’Iraq, Teheran e Damasco sono sempre rimasti fedeli partner. L’Iran sembra interessato a mantenere a tutti i costi questo livello di cooperazione, ma il prolungarsi del conflitto e l’ampio aiuto concesso ad Assad potrebbero rivelarsi fatali a un Paese che rischia di rimanere bloccato nel pantano siriano senza una valevole via d’uscita.

(da affarinternazionali.it )  

 

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