Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Le donne tunisine libere
di sposare un non musulmano

Le donne tunisine libere <br> di sposare un non musulmano

di Leila El Houssi

Una grande conquista quella ottenuta dalle donne tunisine il 14 settembre scorso. Il Ministero della giustizia ha finalmente decretato la caduta della circolare 216 del 1973 che impediva a una donna tunisina musulmana di sposarsi con un non musulmano. La Presidente dell'associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD) ha affermato che si tratta di una vittoria vera e propria per le donne. Un provvedimento che si realizza dopo il discorso pronunciato dal presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi il 13 agosto scorso, in occasione della Festa della Donna in cui annunciava di voler raggiungere l'uguaglianza dei sessi dettata dalla Costituzione promulgata nel 2014, tramite una commissione di studio, assicurando l'uguaglianza uomo-donna nel diritto ereditario e, il matrimonio tra una tunisina e uno straniero non musulmano. A favore del discorso del presidente si era schierato anche l'Ufficio del Mufti della Repubblica.

Com'è noto la Tunisia, già all'indomani dell'indipendenza nazionale ottenuta nel 1956 aveva promulgato un codice di statuto personale all'avanguardia. Tra le innovazioni più importanti introdotte  ricordiamo l’abolizione della poligamia. Nel giustificare l’abolizione della poligamia l'allora Presidente della Repubblica Habib Bourguiba sosteneva che tale decisione “non era in contraddizione con alcun testo religioso ma si poneva in armonia con il bisogno di giustizia e di uguaglianza tra i sessi". Ciò sulla base di una interpretazione di una parte del versetto III della Sura IV ispirata a ragioni meramente pratiche. Bourghiba rilevava infatti come la Tunisia, appena uscita dal “giogo” coloniale, da poco avesse imboccato la strada dell’autonomia e la via dello sviluppo. In virtù di questo diveniva impensabile riuscire a rispettare il precetto coranico del trattamento alla pari di due, tre o quattro mogli.

Oltre a sancire l’abolizione della poligamia, il Codice di Statuto personale stabilì la soppressione della pratica del ripudio e della figura del tutore (wali) per la realizzazione di un accordo matrimoniale, impose la fissazione dell’età minima per il matrimonio e l’introduzione del libero consenso tra le parti. Moderno e musulmano - come lo ha definito la giurista Sana Ben Achour - il Codice era “il paradigma di un diritto positivo che traeva la propria origine dal fiqh”.

Le norme contenute nel Codice attirarono su Bourguiba la riprovazione di settori del tradizionalismo religioso. Tuttavia il Presidente tunisino riuscì abilmente ad evitare una lacerazione definitiva con la tradizione legittimando le riforme attraverso il ricorso a un nuovo Ijtihād,vale a dare uno sforzo per trovare soluzioni giuridiche in linea con i dettati della religione.In altre parole, nell’ottica di Bourguiba si legittimava l’adattamento della modernità alla tradizione. Figlio di una cultura laica, Bourguiba si spese così in prima persona per favorire l’emancipazione della donna tunisina.

La strada per l’applicazione del “Femminismo di Stato” era stata intrapresa. Non tardarono però a manifestarsi effetti negativi. Elemento caratterizzante della storia contemporanea tunisina, il femminismo di Stato sembrava “prendere in ostaggio” le donne in nome della politica. Il regime si faceva garante del miglioramento della loro condizione, ma allo stesso tempo le strumentalizzava ai propri fini. In tal modo si evitava di affrontare seriamente la questione dell’uguaglianza tra i sessi. Nonostante le prescrizioni di legge, le donne infatti cominciarono a prendere coscienza della persistenza di una forma di subordinazione in una società ancora a dominanza maschile. Si creò una sorta di ambiguità in cui le espressioni sociali del femminismo non riuscirono a trovare grande spazio.

Solo a partire dalla seconda metà degli anni settanta le femministe tunisine riuscirono a guadagnare spazi culturali e associativi rendendosi visibili e denunciando quella che definirono «l’apologia del liberatore». Cominciarono ad emergere critiche, dubbi da parte dell’elemento femminista, che sfociarono in conflitti con il potere sul terreno dei diritti fondamentali. Le femministe tunisine giunsero a discostarsi in modo radicale anche dai discorsi ufficiali che esaltavano le acquisizioni giuridiche della donna. A loro avviso, la Tunisia continuava a soggiacere al meccanismo della dominazione patriarcale e le donne di fatto non godevano di condizioni egualitarie all’interno della società. Aspetti di discriminazione erano contenuti nell’interpretazione sempre più restrittiva dei tribunali giudiziari in materia di eredità, per non dire del privilegio maschile dell’attribuzione del domicilio coniugale in caso di divorzio e nella circolare ministeriale del 5 novembre 1973.

Circolare che solo oggi, ben 44 anni dopo viene annullata rappresentando una grande vittoria soprattutto per le donne che appartengono al movimento femminista che è sempre stato in prima linea.  

Come ha scritto sulla sua pagina Facebook la portavoce della presidenza della Repubblica tunisina Saïda Garrach: "Tutti i testi legati al divieto del matrimonio della donna tunisina con uno straniero (non musulmano), in particolare la circolare del 1973 e tutte le circolari ad essa riconducibili, sono state annullate. Felicitazioni alle donne tunisine per la consacrazione del diritto alla libertà di scegliere il proprio congiunto".

La Tunisia, ancora una volta sembra rappresentare un faro nel Mediterraneo.

 

(da mentepolitica.it )

 

(© 9Colonne - citare la fonte)