Deve esserle sfuggito un sorriso nel giorno della presentazione della proposta di legge sulle quote rosa nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa e di quelle a partecipazione statale. Un passo avanti verso quella parità fra i sessi che ha sempre auspicato. Lei che già nel 2007 veniva citata fra le trenta donne più influenti dell’economia italiana. Anna Maria Tarantola, sessantacinque anni, due figlie, un marito: o, in altre parole, il vicedirettore generale della Banca d’Italia, incarico assunto dal 20 gennaio del 2009. Essere uno dei cinque membri più influenti della banca centrale della Repubblica deve dare i brividi, se non le vertigini. Ma è proprio da qui che parte la sua lotta alle discriminazioni di genere, dal dimostrare che una donna può, eccome, rivestire ruoli di questo peso e prestigio. In barba a quel fastidioso stereotipo - ricordato in una recente intervista dalla Signora dell’economia - “che crede che la donna sia più adatta ai lavori di casa e non invece a intraprendere una propria carriera professionale”. Una battaglia per le pari opportunità - la sua - che ne ha fatto una sorta di paladina senza macchia e senza paura. Meritocrazia e regole sono il suo motto, ma anche formazione. Al punto da sostenere che “il rispetto dell’uguaglianza va inserito nelle scuole, già a partire dalle elementari”. Per Anna Maria Tarantola “la promozione delle donne è un servizio al Paese”. Un servizio per il quale lei ha lavorato sin da subito, seguendo strade lavorative anche complesse, che, promozioni a parte, l’hanno portata in altre città, lontana dagli affetti e dai luoghi più familiari. Altro che fortuna, tutta competenza e spirito di sacrificio, caratteristiche proprie dei professionisti. Senza contare il pragmatismo e la mancanza di avidità che, secondo la Tarantola, sono le armi in più del genere femminile. Armi che potrebbero rivelarsi fondamentali per combattere anche la crisi finanziaria. Poi sta alle donne, una volta raggiunti i vertici, non rinnegare la loro natura cercando di emulare i comportamenti maschili. Quella del vicedirettore generale della Banca d’Italia è quindi una doppia vittoria: non solo è stata la prima a raggiungere una carica così elevata nel mondo bancario, ma è anche riuscita a ottenerla conciliando il suo lavoro con il ruolo di moglie e madre. Dividendosi tra la Roma lavorativa e Milano, la città che ama e che non ha mai voluto abbandonare. Ma non è tutto. Perché l’importanza data alla formazione l’ha vista dividersi anche con la cattedra, quella dell’Università Cattolica di Milano, come docente a contratto di Controlli pubblici nel settore creditizio. Dalla sua anche molte pubblicazioni in materia bancaria e finanziaria e su temi delle economie locali, fra i quali “La vigilanza sulle banche e sui gruppi bancari”. E se c’è ancora qualche teorico dello stereotipo della donna tutta casa e faccende domestiche che storce il naso, beh, è pregato di abbandonare l’aula.