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Virus e dati: il pallottoliere
degli esperti fra vivi e morti

Virus e dati: il pallottoliere <br> degli esperti fra vivi e morti

di Michele Mezza

(22 maggio 2020) “Gli esperti producono i fatti: Google, Twitter e Facebook offrono trend, la visione oggettiva del mondo cede il posto all’intuizione che suggerisce dove stanno andando le cose adesso”. Se quest’affermazione  di William Davies, contenuta nel suo ultimo saggio “Stati Nervosi”,(Einaudi, Torino 2019)poteva essere un’intrigante elucubrazione teorica fino al febbraio scorso, ora, alla luce di quella cabalà dei dati, che è la pandemia, ci appare un’inesorabile sentenze.La polemica sollevata dall’INPS sull’attendibilità del bilancio dei decessi sembra proprio confermare la sentenza. Secondo l’istituto previdenziali i conti non tornano sia per la modalità di valutazioni delle morti sia per la causa che non sempre veniva giustamente accertata per coronavirus. In sostanza si è sbagliato a contare i decessi , limitandosi solo a quelli ospedalieri e fra questi solo a quelli a cui, fatto il tampone , risultava positivo.Chi ha contato ha determinato una realtà diversa da quella reale. Ma se i numeri non sono subito verificabili e contestabili come possiamo affidare loro la nostra vita?

Gli esperti, già come ci ammoniva Michel Foucault negli anni 80, usano i numeri non per misurare fenomeni ma per “ indirizzare i nostri comportamenti “. Lo abbiamo visto in questi tre mesi in cui ogni nostra emozione riferita all’andamento del virus è stata scandita e indotta da un calcolo.
Quella mesta e impalcabile “cerimonia degli addii” ,che è andata in scena alle 18 di ogni giorno per due mesi ( metà marzo meta maggio), ci ha lasciato in eredità un insoddisfatta curiosità sui dati che venivano snocciolati impersonalmente dai vari interpreti che andavano in scena. Cosa significassero realmente, come venivano elaborati e interpretati, come dovevamo intenderli. Ce li passavamo di mano dinanzi alle edizioni serali dei telegiornali, con fare pensoso ma con la prudenza di non incrinarne il valore simbolico. Doveva andare bene e i numeri ce lo dovevano confermare.
Ora , nella fase 2,senza la protezione della quarantena,  quei numeri - R con 0 o R con T-che indicano in maniera eclettica e inspiegabile l’andamento della giornata sanitaria, combinando informazioni con deduzioni, tutte quanto mai imprecise, instabili e irreali, ci appaiono ancora più criptici.Il numero dei decessi qual’ è? Più di 32 mila? Ma non è quanto viene calcolato  dall’Istat o  da elaborazioni in sede europea che , semplicemente sovrapponendo il dato  marzo/aprile del 2020 con la media del triennio precedente ricava un valutazione di almeno il 36 % in più.
Né più attendibili sono le stime sui positivi, che rimangono misurazioni aleatorie perché  non basate su un campione stabile di tamponi: è evidente, infatti, che se aumenta il numero dei tamponi possa aumentare l’area degli infetti, e solo una proporzione fra i due valori ci potrebbe indicare il vero trend, e , di contro,solo se l’aumento degli esami  in più giorni, coincide  con una diminuzione degli infettati allora diventa serio parlare di una vera inversione di tendenza.
Questo per dire che  le nostre speranze e apprensioni hanno inutilmente  ballano attorno ad una sequenza matematica che , così come ci è stata proposta, risultava inutile e inattendibile, oltre che non trasparente nella sua dinamica.Basta un esempio banale per capire quale potesse essere una modalità più chiara e decifrabile:guardiamo il grafico elaborato dal professor Rocco Pellegrini  che si limita a raffigurare la serie storica dei dati dall’inizio dell’epidemia

 

 

 

In questo modo si afferra il senso di quanto sta accadendo, e , pur nella ancora incerta e precarietà di dati che non si riferiscono ad una base comune quale il numero di tamponi eseguiti, ci permette di comprendere cosa stia bollendo in pentola.
Ma questo è il passato. Ora dobbiamo capire cosa sta accadendo  in queste ore e cosa potrà accadere nel futuro prossimo. Migliaia di vite e di imprese sono appese al filo della ripresa dei contagi. Chi e come li calcolerà? Innanzitutto i contagi saranno contati o calcolati? Questo è un punto che viene del tutto ignorato dai roboanti governatori  regionali, per non parlare del mite ministro della sanità,che vigilano sulla nostra sicurezza. Gli ultimatum che rimbombano dalle varie sedi regionali contro le trasgressioni rispetto al distanziamento sociale sono sostenuti e presidiati da quali sistemi di allerta? Si aspetta di vedere la ripresa del contagio con le prime file al pronto soccorso degli ospedali, con il rischio di trovarsi ancora in un gorgo incontrollabile, come a marzo, o , memori di quella lezione, si allestisce sul territorio una rete di centri di raccolta ed analisi di dati e quali dati ? Questo è il punto che non vediamo trattato da nessuna discussione o polemica politica. Alcune regioni come il Veneto, si sono dotati di propri sistemi matematici di calcolo, così come in Toscana alcuni comuni. Ma questi sistemi dove attingono? Che cosa cercano di documentare? L’incubazione del fenomeno contagio o l’imminente esplosione con la certificazione della ripresa dell’epidemia?
Questo elemento è indispensabile per capire dopo 3 mesi se abbiamo compreso la lezione. L’evanescenza che circonda l’app Immuni, con il corollario dell’invadente presenza di Google e Apple a dettare le condizioni per rendere4 compatibili questi dispositivi digitali con i loro sistemi operativi dei telefonini, ci dice che ancora non stiamo reagendo come dovremmo.
I dati epidemiologici sono frutto di una virtuosa combinazione di numeri e sentimenti, come ci spiegano gli scienziati, in cui si anticipano i fenomeno contagiosi intuendo ,sulla base di segnali deboli, come avrebbe detto Marshal Mc Luhan, l’approssimarsi di fenomeni patologici. Questo ha permesso in Corea del Sud di recintare tempestivamente il virus. E lo stesso è accaduto a Vò, con lo staff del professor Andrea Grisanti. Ora come ci spiega ShoshannaZuboff, l’autrice del saggio Capitalismo della Sorveglianza (Luiss editore, Roma 2019)  i dati devono essere completi ed organici , come quelli che sono disseminati nei social da ognuno di noi. E’ li , nella rete che è possibile anticipare il virus, rendendo i dati comportamentali attendibili e predittivi. Se non si procede con questa determinazione, come stanno chiedendo con forza i grandi quotidiani americani come il Washington Post e il New York Times, che hanno capito che è il momento di tagliare le unghie ai monopoli digitali, si rischia di perdere anche la partita della fase 2, ed avere dati inconcludenti e poco credibili, togliendo ogni autorevolezza e rappresentatività alle decisioni istituzionali, persino se dovessero essere nel giusto. Che è la cosa peggiore.

(© 9Colonne - citare la fonte)