(25 novembre 2020) Forse sarebbe bene, fra una discussione sugli skilift e una sulle metriche delle tavolate natalizie, prestare una qualche attenzione al tema dell’impatto sociale del virus nella nostra organizzazione-relazione, a partire dalla domanda: ma di quanto tempo ancora parliamo? La risposta potrebbe deludere i bollenti spiriti degli sciatori e anche dei grandi organizzatori sociali come i legislatori, i leader di partito e portatori dei grandi interessi commerciali. Parliamo di mesi o di anni e nel caso di quanti anni? Il cigno nero tende a diventare uno stormo di piccioni che oscura il cielo.
Le polemiche delle opposte accademie sulle dichiarazioni del professor Andrea Crisanti a proposito dell’attendibilità degli annunci del vaccino si stanno sgretolando proprio sull’incalzare di questo quesito, rivelando la vera natura e significato di quelle parole: la constatazione di una trasformazione epocale che investe la società. Il nodo infatti che sta attraversando l’intero dibattito politico, scientifico e istituzionale riguarda, se vogliamo davvero cogliere l’aspetto più rilevante del ginepraio delle diverse opinioni, la contrapposizione fra due scuole di pensiero che stanno diventando partito: da una parte chi pensa che la parentesi aperta il 9 marzo in Italia con il lockdown, comunque vada chiusa, prima o poi, radicalmente o gradualmente, ma chiusa, costi quel che costi, si dice forzando le famose parole di Mario Draghi. Whatever it takes ; dall’altro chi ha motivi per credere che quella che stiamo vivendo oggi non sia una crisi, ossia la momentanea insostenibilità di un equilibrio che andrà ristabilito, ma una transizione che ci sta conducendo ad un diverso modello sociale e che non sia lecito né etico, oltre che tecnicamente possibile, spingersi sulla strada che l’Economist con una sua ormai emblematica copertina dell’aprile scorso che chiedeva di tornare a produrre, simboleggiò con il titolo A Grim Calculus, un calcolo audace, che qualcuno invece traduce come pericoloso. Due visioni del mondo, di cui la pandemia diventa la lente d’ingrandimento.
Proprio in queste ore a far pendere il piatto della Bilancia dalla parte di coloro che vedono all’orizzonte una trasformazione di fondo dei nostri comportamenti è arrivato la dichiarazione del dottor Tal Zaks, capo del dipartimento medico di Moderna, la società farmaceutica americana che ha messo a punto uno dei vaccini che si annunciano già per le prossime settimane che ci avverte che il farmaco in arrivo ridurrà drasticamente la nocività della malattia ma non ne azzererà la contagiosità. In sostanza i vaccinati , allo stadio attuale dei riscontri, ammette il dirigente di Moderna, potranno ancora trasmettere il contagio. In sostanza, ci si dice che siamo ancora lontani da una risoluzione della tragedia, benché si sia compiuto un passo avanti decisivo, qual è è quello di essere riusciti a trovare più strade per ridurre e contenere la virulenza del coronavirus. E’ probabile che proprio grazie a queste prime conquiste farmaceutiche più celermente si riesca ad arrivare ad un vaccino completo e risolutivo, che possa sradicare la causa della devastante epidemia. Ma al momento non è così.
Tanto è vero che ormai vari organi di stampa , suffragati da dichiarazioni di clinici illustri affermano che si dovrà procedere ad una vaccinazione multipla, con diversi preparati. Ma anche in quel caso, si precisa, se si otterrà una copertura per un tempo apprezzabile, 8/10 mesi si dice, comunque non si hanno garanzie del blocco della circolazione del contagio. Torniamo così alle cautele che erano alla base delle considerazioni del professor Andrea Crisanti , e di tutta quella schiera di scienziati che ha chiesto di saperne di più della struttura ed efficacia dei vaccini annunciati. Parallelamente alla contesa fra scienziati si intravvede anche uno scenario socio politico non certo meno rilevante. Infatti se, come riconoscono gli stessi ricercatori che stanno ultimando le procedure per i vaccini, dovremo, questa è la cruda verità al moneto, accompagnare ancora per molti mesi la vaccinazione con norme di comportamento prudenziale, quale il distanziamento sociale, la mascherina e evitare ogni forma di promiscuità o assembramenti, allora la questione diventa più traumatica. Dobbiamo non più immaginare provvisorie forme di cautela come appunto lo smart wortking, l’insegnamento on line, e la riduzione severa di ogni convivialità, ma invece attrezzarci ad una drastica rivisitazione delle forme più elementari della nostra convivenza.
Non stiamo più parlando di come svoltare il Natale, o come ridurre il disagio scolastico o le forme di produzione e distribuzione delle merci, ma di una strategia di riordino dell’intero sistema relazionale in base a criteri terapeutici che rovesciano la cultura che ci ha guidato fino ad oggi. Come ci spiegava in un suo agile ma denso testo pubblicato nel pieno vortice del primo lockdown- Virus Sovrano? (La Repubblica)-la filosofa Donatella Di Cesare :tutto quello che il cittadino esige dalla democrazia oggi è di non essere toccato. “Persone, corpi idee devono poter esistere, muoversi, esprimersi, senza essere toccati”. Stiamo distanziando proprio la democrazia, la cittadinanza. Questo processo che è in corso non pare guidato da un pensiero che possa cogliere proprio la radicalità delle pretese che la dinamica richiede. Come ripensare ad esempio una comunità di vicinanza per eccellenza come la scuola, se dovessimo per il prossimo anno, almeno, continuare ad alternare periodi in presenza ad altri in rete?
Lo stesso vale per gli uffici, i servizi alle persone, i giornali, le attività professionali, le fabbriche. Come si passa da un clima emergenziale, in cui si vivono queste distanze come occasionali a passeggere ad un altro in cui invece si deve cronicizzare ad esempio l’abbandono della propria scrivania, o del proprio banco ? L’idea che si proceda di scadenza in scadenza cercando di doppiare in maniera indolore questa o quella festività, questa o quella vacanza, come se proprio il circuito industriale del tempo libero sia l’unico oggi sotto pressione denuncia una certa leggerezza della cultura e della politica.
Nei giorni scorsi a Milano la Feltrinelli ha varato una piattaforma dove si intrecciano palinsesti di formazione con la partecipazione di autori di fama, con una libreria digitale per la consultazione e l’acquisto di volumi. E’ un segnale debole, avrebbe detto Mc Luhan di un processo di più lungo respiro che tende a riformulare modelli come appunto le librerie, anche quelle più moderne, come la catena Feltrinelli appunto, in cui si combinavano attività editoriali con opportunità relazionali, modificandone persino la missione, e in questo caso una catena editoriale diventa anche una piattaforma di eLearning.
In questo solco si stanno ripensando intere filiere commerciali, come i negozi di prossimità, incalzati dai mastodontici centri di eCommerce, o come la ramificazione della ristorazione compressa dai limiti orari o di ospitalità. Ognuno cerca strade nuove: i cinema diventano centri per la vaccinazione continua, i negozi hub dove produttori e consumatori possano negoziare nuove personalizzazioni dei prodotti, i ristoranti e i bar spazi di smart working che sostituiscono i vincoli delle abitazioni ormai insufficienti. Salendo di livello , le fabbriche si stanno ristrutturando incrementando il tasso di automatizzazione grazie al 5g che sta diventando il motore delle funzione da remoto, in virtù della riduzione dei tempi di latenza che permette un’azione perfettamente in real time rispetto al comando.
In questo vortice di trasformazione rimangono fuori due elementi non proprio marginali: il lavoro e la politica. Infatti tutti i processi che il virus ha innescato sembrano procedere prescindendo da questi due fattori costitutivi della cittadinanza. Il lavoro viene sempre più marginalizzato e sostituito da sistemi digitali che colmano le distanze fra gli individui, la politica diventa amministrazione, pura attività di spesa di ingenti risorse che sembrano defluire automaticamente, senza decisioni o scelte discrezionali. Proprio sugli effetti di queste due rimozioni che nei prossimi mesi si rimetterà in moto la storia.
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