Dieci anni per i novecento chilometri dell’Autosole Milano-Napoli nel 1956, trent’anni per la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione e chissà quando sarà finita. Le barricate sulle quali sono tornati in queste settimane i No Tav fotografano questa differenza e spiegano, benché non siano le sole, le ragioni per le quali gli studi sui costi-benefici dell’opera, richiesti e sponsorizzati dai sostenitori o dagli oppositori della Tav, sono del tutto inutili essendo solo furbizie da parte di chi sa e finge di non sapere che, con questi tempi e questi metodi, i conti non potranno mai tornare. Inutile cercare paragoni con quanto succede in altri paesi civilizzati di tutto il mondo: non ce ne sono. Quanto accade in Valle di Susa è un unicum plasticamente dimostrato dalla storia del versante italiano della Torino-Lione.
Si cominciò a parlare di questa linea ad alta velocità già all’inizio dell’ultima decade del secolo scorso. Ma soltanto dieci anni dopo, a Torino, le autorità italiane e francesi, c’erano ancora Jacques Chirac e Giuliano Amato ai vertici, firmarono l’accordo ufficiale per la realizzazione del grande collegamento che avrebbe dovuto accelerare e ammodernare il traffico ferroviario tra Italia e Francia. Seguirono studi che in parte erano stati avviati, progetti, modifiche, centinaia di riunioni non poche tra i due paesi interessati, verifiche dei costi e previsioni sui benefici. L’unica cosa che non si fece e andava invece fatta per prima fu una consultazione con i comuni che non fosse naturalmente il tunnel in cambio di qualsiasi cosa, mazzette e consensi elettorali inclusi.
Le trivelle arrivarono in valle dieci anni dopo quando già da cinque era attivo il movimento No Tav che aveva esordito con una grande manifestazione nel dicembre del 2005 per poi continuare ad allargarsi oltre i confini del Piemonte. La protesta da ambientalista diventò politica e a carattere finanziario. Cominciò un balletto sui costi dell’opera con una girandola di cifre dalle quali si capì per certo che quelli italiani superavano largamente le previsioni rivelandosi il doppio della media internazionale (circa 30 milioni di euro contro 15 di costo-chilometro). Tra uno scontro e l’altro, l’Unione Europea s’impegnò a contribuire con un 55 per cento ma non si riuscì a far decollare i lavori con la dovuta regolarità. Mentre le manifestazioni e le barricate e gli attacchi ai cantieri richiedevano l’impiego costante di ingenti forze dell’ordine il cui costo spesso viene trascurato dai detrattori della Tav.
Tra le obiezioni mosse dai contestatori c’era e c’è ancora quella sui costi-benefici dell’opera come dire che la linea Torino-Lione non avrebbe mai raggiunto un livello di utilizzo tale da ripagarsi ovvero tale da essere economicamente sostenibile. Ora è probabile che se si continua a privilegiare con autostrade (sulla cui realizzazione anche in Valle non sono state mai alzate barricate) il traffico su gomma di merci e persone e se l’utilizzo delle ferrovie lo si adatta allo spazio temporale ristretto dell’attualità, i conti della Tav sono destinati a finire in rosso. Ma è il caso di ricordare che se Cavour avesse scelto di calcolare i costi-benefici sulla base del traffico ferroviario del 1850-1860 il tunnel ferroviario del Frejus non sarebbe mai nato e invece venne realizzato in poco più di dieci anni quando ancora sulla via delle Gallie circolavano solo le carrozze, la Napoli-Portici prima linea ferroviaria italiana era stata inaugurata nel 1839 e la seconda, Torino-Pinerolo, nel 1845.
E’ di tutta evidenza che, oltre alla capacità di guardare al futuro, c’è il problema dei tempi che è la vera metastasi che corrompe le opere pubbliche italiane, ovvero l’incapacità di decidere e procedere alla loro attuazione senza che, come spesso accade, diventino delle “fabbriche di San Pietro”. Purtroppo, la Torino-Lione è figlia di questo sistema, tutto italiano. Contro il quale i No Tav sono tornati in questi giorni sulle barricate con qualche defezione visto che i 5S della sindaca di Torino Chiara Appendino, attivi fino a qualche anno fa, non sono come allora della partita al gran completo, compensata da altri “combattenti” ai quali la Torino-Lione interessa poco o nulla. Ma questo conta relativamente. Ciò che importa e rimane incomprensibile è che dopo oltre trent’anni si continua da una parte a scavare un tunnel e dall’altra a costruire barricate per impedire che lo si faccia. E si andrà ancora avanti per anni, un tempo che renderà insostenibile qualsiasi costo-beneficio. Quanto ai No Tav continuano a pensare quello che dichiarò un loro storico esponente quando in un’intervista sulla pericolosità della presunta o vera presenza di uranio e amianto nel sottosuolo della Valle, disse che lui avrebbe detto no alla Tav anche se al posto di questi minerali “ci fosse stata la Nutella”.