Londra - Per difendersi da Covid-19, oltre alle mani, è necessario igienizzare anche maniglie, smartphone, tastiere, banchi, scrivanie e altre superfici? E scarpe e vestiti? Perché? Possono davvero essere una via di contagio? Dall’inizio della pandemia si è discusso molto della questione. Il dibattito si è riacceso di recente in occasione dell’indagine condotta sulla sicurezza dei mezzi pubblici nelle città italiane, da cui emerge la permanenza di tracce di virus su alcune delle superfici più manipolate dall’utenza. Ora un gruppo di ricerca delle Università di Trento e di Napoli Federico II ha fatto dei calcoli per capire quanto il coronavirus potrebbe sopravvivere su superfici diverse anche nella prospettiva di progettarle in modo che un domani siano a prova di virus. Lo studio rileva la sopravvivenza dei virus sulle superfici ed evidenzia come la permanenza dipenda dalle condizioni ambientali e dalla tipologia di materiale. Ad esempio, i virus fanno fatica a sopravvivere a umidità intermedie, mentre proliferano a umidità molto basse o elevate e al crescere della temperatura. La ricerca getta anche le basi per comprendere il legame tra sopravvivenza e bagnabilità (la capacità di un liquido di bagnare un solido) di una superficie da parte di una goccia di saliva. In particolare, si prevede un minor tempo di sopravvivenza sul vetro e maggiore su alcune plastiche. L’articolo, pubblicato sulla rivista Frontiers in Materials, fa parte di una raccolta di lavori che approfondiscono le sfide della scienza dei materiali per sviluppare soluzioni anti-Covid. La ricerca è stata condotta da Nicolò Di Novo sotto la supervisione di Nicola Pugno dell’Università di Trento, in collaborazione con Massimiliano Fraldi, Giuseppe Mensitieri e Angelo Rosario Carotenuto dell’Università Federico II di Napoli. Le gocce microscopiche di saliva che si disperdono nel parlare, tossire e starnutire rimangono in parte sospese nell’aria e in parte si depositano sulle superfici, a seconda della loro dimensione. «Vari virus, tra cui i coronavirus, possono sopravvivere diverse ore o anche giorni nelle gocce depositate» affermano gli autori. E spiegano: «Gli esperimenti virologici hanno evidenziato che le condizioni climatiche (temperatura e umidità dell’aria) e le proprietà superficiali dei materiali influenzano la persistenza e il potenziale di contagiosità dei virus contenuti nelle gocce. In particolare, la sopravvivenza di alcuni virus ha un andamento detto a forma di “U” rispetto all’umidità relativa, con un picco di mortalità a umidità intermedie, mentre cresce al crescere della temperatura». (9colonne)
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