Washington - L'emolisi intravascolare meccanica è molto studiata in seguito agli interventi sulle valvole cardiache e raramente nella malattia valvolare nativa: per questo, è importante lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “Journal of the American College of Cardiology” e firmato, tra gli altri, dal dottor Aldo Cannata, dirigente medico del reparto di Cardiochirurgia dell’Ospedale Niguarda di Milano, sostenuto dalla Fondazione De Gasperis. Di solito la gravità di questa condizione è lieve: tuttavia, può essere clinicamente significativa e persino pericolosa per la vita, potendo richiedere trasfusioni multiple di sangue e persino la dialisi. L’articolo esamina le conoscenze attuali sull'emolisi intravascolare meccanica nella malattia valvolare, prima e dopo la correzione, concentrandosi sulla fisiopatologia, l'approccio alla diagnosi e l'impatto di altre condizioni ematologiche sull'anemia risultante. È sottolineata, inoltre, l'importanza di una gestione multidisciplinare e vengono forniti dati di laboratorio sull'emolisi subclinica che si osserva comunemente dopo l'impianto, chirurgico o transcatetere, di protesi e dispositivi valvolari. Infine, vengono discussi gli attuali trattamenti medici e chirurgici, comprese le opzioni alternative per i pazienti non operabili. “L’anemia emolitica è una seria complicanza che si può verificare nei portatori di protesi valvolare cardiaca a distanza di tempo dall’intervento chirurgico – spiega Cannata - È causata dalla frammentazione dei globuli rossi del quando questi attraversano una comunicazione patologica prodottasi per distacco della protesi dai tessuti cardiaci. Questo può avvenire in seguito all’infezione della protesi, nota come endocardite, o per semplice cedimento meccanico dei tessuti sui cui la protesi è stata suturata”. L’anemia emolitica viene diagnosticata tramite i periodici esami del sangue, quando si riscontrano dei bassi valori di emoglobina, o nel caso del portatore di protesi quando lamenta affanno e stanchezza di nuova insorgenza. (9colonne)
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