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Battesimo del fuoco
per il cloud italiano

Battesimo del fuoco <br> per il cloud italiano

di Michele Mezza

(9 giugno 2020)  Mentre scriviamo il fior fiore delle testate  occidentali sono isolate, sotto scacco anche le grandi piattaforme di Amazon e Google. La causa è stata un collasso di un grande provider che gestisce un servizio di  DNS, il sistema nevralgico di internet che smista i messaggi fra gli infiniti indirizzi web. E’ la dimostrazione, involontaria, della fragilità e vulnerabilità dei sistemi più sofisticati. Esattamente come la nostra auto che è in tutto e per tutto condizionata dalla sua centralina elettronica. Un fusibile saltato blocca ogni attività dell’automobile.

Il crash ha colpito i grandi centri privati, come le testate più popolari, dal New York Times al Guardian  o alla BBC, in Italia il gruppo Rizzoli Corriere della sera, e le piattaforme più prestigiose, da Amazon a Google e Reddit.  Meno espostI sembrano essere stati i servizi pubblici, proprio per la loro relativa digitalizzazione. Siamo ad un escalation che rende le infrastrutture digitali, e di conseguenza la nostra vita ordinaria, prima fila nello scontro ge politico. Già il grande teorico della dinamica del potere, Carl Schmitt,  che definì l’autorità degli stati come la capacità di proclamare condizioni di emergenza (come abbiamo visto con la pandemia), in punto di morte, a metà degli anni 80 del secolo scorso, precisò che il vero potere degli stati sta nel controllare le onde elettriche. Oggi quelle onde programmano e abilitano ogni nostro comportamento e offrono ai centri di comando, pubblici e privati, una scorciatoia per controllare ogni singolo cittadino.

Per questo desta stupore il silenzio che ancora avvolge la decisione del governo di avviare la procedura per l’attribuzione del bando per il cloud della pubblica amministrazione. Si tratta di una scelta decisiva e inevitabile, che deve semplificare ed ottimizzare il funzionamento della macchina pubblica, riportando il pulviscolo di migliaia di siti e data base ad un unico sistema coerente e uniforme. Ora, anche da quello che abbiamo visto questa mattina, si tratta di capire come procedere in questa essenziale procedura statale. Come farlo, con chi farlo e con quali obbiettivi. Da queste scelte deriverà l’identità e la caratteristica del sistema Italia. E soprattutto la vivibilità del paese e la nostra libertà nel realizzare le nostre ambizioni. Diciamo una scelta costituente per il paese. Che si sta realizzando nel silenzio politico totale. Mentre grandi tensioni si registrano sulle nomine alla Cassa Depositi e Prestiti o alla Rai, nessuno scambio di considerazioni e tanto meno confronti politici si annunciano su questa strategica delibera.  Ancora una volta passaggi decisivi si consumano nell’indifferenza del sistema politico.

Sembra di tornare alle  discussioni sulle modalità di procedere per la nazionalizzazione dell’energia elettrica, quando un gruppo di intellettuali cattolici , guidati dal sociologo Saraceno, tentò di evitare, nel silenzio generale, la follia di sprecare migliaia di miliardi di allora per indennizzare i proprietari delle centrali  che inutilmente furono nazionalizzate, oppure quando si spense il sogno informatico dell’Olivetti nel 1964, o quando venne cancellato il CNEN, che aveva progettato la prima centrale elettronucleare, o , più avanti, quando il primato nella plastica, per cui prese il Nobel Giulio Natta, si sbriciolò in miserabili questioni di potere locale fra Montedison ed Eni. Appuntamenti strategici ignorati dalla politica e dal sindacato, soprattutto dalla sinistra. In  altre circostanze, come la privatizzazione della siderurgia, di cui paghiamo oggi le conseguenze a Taranto, o della Stet che aveva concepito il primo piano di cablaggio del paese, fu proprio il fronte progressista ad innestare scelte devastanti e cieche.

Oggi siamo ad un altro bivio. Con ritardo, arriviamo alla decisione di digitalizzare la pubblica amministrazione , cominciando a unificare le memorie. Il ministro della transizione digitale Colao ha parlato di un cloud nazionale. Oggi si capisce che in realtà stiamo parlando di dare in leasing i nostri dati, mediante prestanomi nazionali, ad uno dei tre monopolisti che globalmente si contendono il mercato : Google, che ha stipulato un accordo con TIM, Amazon , che ha noleggiato Fincantieri, e Microsoft che agisce all’ombra di Leonardo.

Naturalmente è partita la ridda di giustificazioni. E’ naturale che ci si appoggi a centri di eccellenza, si dice, per assicurare al paese il meglio. Sarebbe  però meglio spiegare la struttura e le clausole di questi accordi. Infatti in materia digitale le gradazioni e le tipologia delle intese sono infinite. Si tratta di decidere il tono di un colore, non basta dire blu o verde.

Tre sono gli elementi che , a grandi linee, costituiscono la base per un progetto di cloud: l’infrastruttura, ossia il server, l’armadio che deve contenere i dati in rete: il software che rende fruibile quei dati; i capitolati di cyber security che tutelano queste informazioni essenziali per la sovranità di un paese. La combinazione fra questi tre aspetti determina il carattere e la qualità del servizio.

Francia e Germania stanno optando per una soluzione che  vede un soggetto pubblico locale come regista e tutore della realizzazione, che limita la pervasività del know how estero solo a spezzoni di soluzioni sia infrastrutturali che di software. Proprio Parigi e Berlino nei mesi scorsi hanno anche promosso il progetto europeo GaiaX che prevede appunto una fitta relazione fra i grandi global player nazionali per costituire un’infrastruttura europea autonoma e competitiva rispetto al dominio delle piattaforme nordamericane.  Al momento non appare un soggetto con tali caratteristiche e missioni nel quadro delle opzioni per il cloud italiano. Eppure non mancano né le risorse né le competenze. INPS e Inail dispongono di infrastrutture considerate in Europa di assoluta qualità. ENI e Cineca, il consorzio universitario con sede a Bologna, hanno a disposizione potenze di calcolo fra le principali in Europa. Ora si tratta di imbastire un cantiere che veda il totale controllo nazionale su una materia che diventa centrale sia per la sovranità del paese, ma anche per la competitività delle sue aziende, che sempre più sono condizionate dai flussi di informazione che alimentano le scelte dell' e commerce.

Infatti  i flussi di dati che arriverebbero al nuovo cloud riguarderebbero l’intero sistema nervoso del paese. Da quei dati si ricavano le relazioni, le attività, i progetti, e anche gli stimoli al consumo che potrebbero orientare il mercato nazionale. Per questo diventa essenziale una strategia che possa tutelare la riservatezza del cloud e la sua assoluta governabilità da parte delle autorità nazionali.

Soprattutto diventa indispensabile garantire una gestione del sistema in grado di selezionare e guidare l’evoluzione dell’intero apparato digitale. Infatti stiamo parlando di tecnologie instabili e occasionali, sempre suscettibili a integrazioni e evoluzioni. Avere il controllo delle successive integrazioni, del cosidetto up grading del sistema significa poter realmente governare la crescita tecnologica del paese e delle sue componenti sociali ed economiche. Su questi punti sarebbe necessario avere un dibattito parlamentare, avere un luogo in cui i partiti possano realmente esercitare la loro funzione di rappresentanza degli interessi e delle richieste dei ceti sociali, delle componenti professionali ed economiche. Solo la massima trasparenza e negoziabilità delle scelte ne garantisce la funzionalità e la linearità soprattutto in un clima, come abbiamo visto in queste ore, in cui l’ambito digitale sta diventando il terreno di maggiore esposizione e vulnerabilità di un apparato nazionale. 

 

(© 9Colonne - citare la fonte)