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Marisa Fenoglio e la sua 'emigrazione privilegiata'

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Marisa Fenoglio e la sua 'emigrazione privilegiata'

Ph. Casa editrici Nutrimenti (nutrimenti.net)

“Prima di tutto faccio la moglie, la madre, la suocera e la nonna. E poi, a tempo perduto, faccio la corista e la scrittrice. Sorella cadetta di Beppe Fenoglio, letterariamente in posizione sottoposta”. Così si presentò nel 2013 Marisa Fenoglio durante un’intervista per i “Granai della Memoria”, un progetto dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Piemonte) e dell'associazione Slow Food il cui obiettivo è quello realizzare delle interviste-memorie. Il contributo letterario sui temi dell’emigrazione che Fenoglio ha dato nel corso degli anni è immenso: per la scrittrice, infatti, l’emigrazione è stato il suo “fatto straordinario”.
Marisa Fenoglio è morta la scorsa domenica a 88 anni in Germania, dove viveva ormai dal 1957. Originaria di Alba, aveva lasciato l’Italia per seguire il marito, nuovo dirigente dello stabilimento di Stadtallendorf della Ferrero. Questo evento segnò e stravolse completamente la sua vita, tanto che decise di mettere per iscritto la sua storia. Come ha raccontato ai "Granai della memoria", dalla sua esperienza migratoria sono nati tre libri: il primo è stato “Casa Fenoglio” che “segnalava il mio passato italiano, quello da cui io ero partita”. Seguì poi “Vivere altrove” che descrive il suo trapianto in Germania, un paese che all’epoca era ancora “impreparato ad accogliere lo straniero”; un libro che lei stessa definì il suo “primo passato tedesco”. Infine, “Il ritorno impossibile”, riguardo la consapevolezza dell’impossibilità di un ritorno stabile in Italia; “Un bilancio che si fa dopo cinquant’anni di vita in Germania, per cui si capisce che sono capitate troppe cose per poter tornare indietro. In fondo si ritornerebbe soli come quando si è partiti”. Per Fenoglio il suo viaggio non fu solo un’esperienza temporanea, ma divenne la sua nuova vita e le fornì l’ispirazione per raccontare il suo processo evolutivo di accettazione dell’emigrazione. Come spiegò la scrittrice stessa, per lei il ritorno in Italia non fu mai un’opzione concreta, a causa della sua famiglia, dei suoi figli e dei suoi nipoti. In “Il ritorno impossibile” scrisse proprio dei suoi nipoti, “che forse non riusciranno mai a leggere i miei libri in italiano e tanto meno quelli del loro grande zio, ma sono sangue del mio sangue in Germania”; “I nipoti sono la prova vivente che la Germania non è più un episodio, non più il passaggio fortuito di una generazione, ma il destino a venire”. La peculiarità della sua esperienza migratoria fu che né lei né il marito Giuseppe Faussone erano alla ricerca di fortuna o di ricchezza all’estero: la loro fu un’emigrazione “facile e privilegiata”, a detta della scrittrice, ma non per questo meno sofferta. È il destino di chi lascia un paese per uno nuovo, un senso di equilibrio precario tra due luoghi e due realtà, tra ciò che si lascia e ciò che si trova e si costruisce altrove.
La casa editrice Nutrimenti, la quale pubblicò “Il ritorno impossibile”, ha ricordato la scrittrice sul suo profilo Facebook, definendola “Una donna acuta, attenta osservatrice della realtà, che con il fratello Beppe ha condiviso la passione per la scrittura”. In tutta la sua vita Marisa Fenoglio non elevò mai la sua scrittura a quella del fratello ma, nonostante ciò, la considerò sempre un “fiume in piena” che doveva trovare uno sbocco: “Uno scatto che mi ha fatto alzare di notte per andare a scrivere quello che mi suggeriva questa enorme esperienza, così coinvolgente dal punto esistenziale qual è certamente l’emigrazione, così come per Beppe è stata la guerra e l’esperienza partigiana”. A lei va sicuramente il merito di esser riuscita a raccontare contemporaneamente i dolori, le insicurezze ma anche le gioie e le possibilità che l’emigrazione può dare. (vap)

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