Eterna arroganza del potere, sperimentata certezza di impunità, dissennata quanto reiterata negligenza? Difficile rispondere quando ci si trova di fronte a fatti che si fatica a ritenere credibili. Succede ad esempio che un diciottenne, figlio del direttore della GTT (Azienda trasporti torinese), sprovvisto di patente di guida, abbia potuto ripetutamente scorazzare per la città al volante di un autobus lungo una ventina di metri; poi come ormai è consuetudine ha provveduto a postare sui social la sua bravata alla quale hanno partecipato amici si presume coetanei e allegramente compiacenti.
Se si vuole escludere la responsabilità della dipendente che ha affidato l’automezzo al nostro giovane eroe, si vedrà quanto per sua personale decisione o perché minacciata di ritorsioni in caso di rifiuto, resta agli atii lo stupore del padre del medesimo, il direttore della GTT, Gabriele Bonfanti che – appreso il fatto - ha ritenuto non di rassegnare le dimissioni ma di imboccare l’italica e frequentata strada dell’autosospensione.
La drammatica coincidenza con la guerra in Ucraina e con gli effetti della pandemia non è bastata a oscurare una vicenda che potrebbe sembrare esilarante se non fosse grave, perché chiama in causa una delle prime quattro aziende italiane di trasporti comunali in ormai cronico dissesto. Dove, com’era facile prevedere, dai manager di prima linea fino agli autisti nessuno si era accorto di niente, nessuno è venuto a conoscenza di niente, nessuno ha mai visto niente che potesse far sospettare del divertissement che, con sprezzo del pericolo, si concedevano questi adolescenti tanto compresi nella parte da vestire le divise dei dipendenti della GTT.
Ora con molta buona volontà si potrebbe pensare che queste incoscienti e pericolose zingarate siano passate in secondo piano o sfuggite essendo l’attenzione dell’Azienda assorbita da una gestione esemplare. Ma è certo che si andrebbe (in questo caso metaforicamente) fuori strada perché la situazione finanziaria della GTT è tutt’altro che esemplare. Si calcola che il bilancio 2021 che sta per andare in approvazione si prepari a esibire perdite vicine ai 60 milioni. Né sarebbe questa una novità dal momento che esse si andrebbero ad aggiungere ad altri guasti del passato anche se qualcuno s’illude di poter utilizzare i fondi del PNRR per alleggerire il carico. E senza che mai si sia messo mano seriamente a rimettere virtuosamente in rotta la gestione aziendale, a meno che non si voglia considerare un tentativo serio quello dell’allora sindaca pentastellata Chiara Appendino che affidò il timone dei trasporti a un tal Gianni Foti il quale aveva tra i suoi titoli di (de)merito quello di avere portato al fallimento l’azienda omologa di Messina. Insomma una storia all’italiana dove in tanti aspettano che il tempo (che si vuole galantuomo) aiuti ancora una volta a coprire ogni traccia. Del fanciullo autista e del papà autosospeso. Con buna pace dei torinesi e della loro disastrata azienda di trasporti.