di Paolo Pagliaro
Garzanti ha pubblicato in anteprima mondiale un libro che riscrive la storia dei rapporti tra il Vaticano e il nazifascismo, tra Pio XII, Mussolini e Hitler. Il libro si intitola “Un Papa in guerra” ed è firmato da David Kertzer, storico e antropologo americano già vincitore del premio Pultzer. Da un’opera basata su migliaia di documenti inediti, molti dei quali provenienti dagli archivi vaticani, resi accessibili da papa Francesco nel 2020, la reputazione di Pacelli e delle gerarchie cattoliche esce compromessa. Pesa, in particolare, il silenzio dinnanzi allo sterminio degli ebrei, compresi gli oltre mille ebrei romani raccolti dopo il rastrellamento nell’ex Collegio Militare di via della Lungara a un passo dalle finestre del Vaticano, e da lì mandati a morire nei campi di sterminio. Ma pesa anche l’appoggio del clero e delle istituzioni religiose ai regimi, pesano gli appelli di padre Agostino Gemelli a sostegno della guerra, pesano gli appunti in cui monsignor Dell’Acqua – futuro cardinale vicario di Roma – invitava il papa a non di esprimersi sui lager perché – scriveva – “l’esagerazione è facile anche tra gli ebrei”. Due anni fa i vescovi tedeschi celebrarono il settantacinquesimo anniversario della fine del conflitto con una dichiarazione in cui ammettevano di non essersi opposti alla guerra nazista e allo sterminio degli ebrei europei da parte di Hitler. Da noi, in sintonia con un paese che non ha mai fatto davvero i conti con il proprio passato, né la Chiesa italiana né il Vaticano hanno ancora ammesso una analoga responsabilità.
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