“Omicron 5 è considerata variante ‘di preoccupazione’ dall'European center for disease and control da un mese. Stupisce che il nostro Paese non abbia intensificato il monitoraggio della prevalenza delle varianti” che “tuttavia, non sembrano determinare una maggior gravità della malattia. Eviterei quindi allarmismi ingiustificati. Fondamentale, invece, la responsabilità individuale nel limitare la circolazione virale, perché i ricoveri ospedalieri potrebbero aumentare se il numero di casi dovesse crescere in maniera rilevante” ed “ogni eventuale scenario futuro è strettamente condizionato dal grado di preparazione dei sistemi sanitari, dai quali non sono più accettabili politiche attendiste”. Le mascherine? “In un contesto epidemiologico con oltre 600 mila positivi (numero largamente sottostimato), tenendo conto delle incertezze sulla prevalenza della variante BA.5 oltre che del basso numero di anziani e fragili coperti con la quarta dose, è prudente continuare a indossare la mascherina FFP2 nei locali al chiuso, specialmente se affollati e/o poco ventilati”. Lo afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in una intervista a Il Fatto Quotidiano. Ed interrogato sul caso del Portogallo in cui i contagi da Omicron 5 sono in netta ascesa commenta: “La protezione nei confronti del contagio cala rapidamente dopo 4 mesi. Tuttavia, la motivazione principale è che in Portogallo, per ragioni non note, BA.5 è ‘sbarcata’ prima”. E sostiene che ha senso vaccinarsi con i prodotti attualmente disponibili “perché nonostante siano ‘tarati’ sul ceppo di Wuhan, sono in grado di indurre un'elevata risposta immunitaria e, soprattutto, un'eccellente protezione nei confronti della malattia grave. Ragion per cui, è fondamentale aumentare la copertura degli over 50 e completare il ciclo con la terza dose (oltre 8 milioni di persone non l'hanno fatto). Ma soprattutto, bisogna somministrare al più presto la quarta nelle persone vulnerabili per tre ragioni: il declino della copertura vaccinale sulla malattia grave dopo 120 giorni, l'aumento del tasso di mortalità negli anziani, in particolare over 80 già vaccinati con tre dosi, e il consolidamento delle prove di efficacia del secondo booster nel ridurre gli effetti gravi della malattia”. Sostiene infine che “i tempi per produrre evidenze sull'efficacia dei vaccini ‘aggiornati’ nei confronti della malattia grave rischiano di essere troppo lunghi rispetto a nuove emergenze. L'industria potrebbe non avere le motivazioni per investire in questa direzione. Diverso è il caso del vaccino ‘pan-varianti’, in grado di proteggere da tutte le attuali e future: ma gli studi sono ancora in una fase preliminare e, di conseguenza, i tempi per avere certezze lunghi e non prevedibili”. (11 giu – red)
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