Lo spettacolo è quello di sempre. Neppure l’inquietante situazione internazionale dominata dalla tragedia ucraina con i suoi effetti che minacciano di finire fuori controllo, sembra avere aver consigliato la politica a rivedere i comportamenti del dopo-elezioni. Il rito si è riproposto senza un accenno di correzioni rispetto al passato e verosimilmente risulterà immutato anche dopo il ballottaggio. Con buona pace dello spread e delle Borse.
Sepolto rapidamente il cadavere dei referendum il Circo Barnum dei partiti ha ripreso le sue evoluzioni per la semplice ragione che i responsabili -che con inspiegabile generosità vengono definiti leader- ritengono di non dover dare conto a nessuno di quanto è successo. Possono farlo perché da quando è stata cancellata la forma partito non si è pensato a come sostituirla lasciando campo libero al potere dei padri padroni di gruppi e sottogruppi, capi bastone procacciatori di consensi elettorali poco importa con quali metodi e a quale prezzo, personale al servizio di questa o quella forza politica più abile nel promettere incerte ricompense. In questa palude nella quale si confondono vincitori e vinti il destino delle amministrazioni per le quali si è votato finisce in un controluce opaco e indefinito per la discutibile autorevolezza di una robusta quota degli eletti e per le prevedibili ibride composizioni di molte giunte che verranno affidate ad apparentamenti variabili dallo Stelvio a Capo Passero. E senza che ancora sia entrata in azione la magistratura -ma non ci sarà da aspettare molto- per far luce sull’onorabilità di alcuni eletti che già prima del voto figuravano nelle liste degli impresentabili.
C’è già quanto basta per immaginare la deriva di una politica che al momento sembra solo preoccupata di smarcarsi concentrandosi sui demeriti dell’avversario con argomentazioni che già da tempo sono la causa principale della disaffezione espressa col rifiuto del voto. L’importanza dei territori, che qualche anno fa aveva fatto sperare nella rigenerazione della politica attraverso quello che era stato definito il partito dei sindaci, è finita nelle retrovie di una politica priva di orientamenti e preoccupata per la sua sopravvivenza. La caduta verticale di partiti che pure sembravano avere davanti un futuro da protagonisti apre una voragine dalla quale le forze politiche faticano a uscire e per questo si inventano soluzioni in cui si confondono la gestione delle amministrazioni locali con quella del governo nazionale. E poiché all’orizzonte italiano non manca mai una consultazione elettorale si fa presto ad archiviare il risultato di un voto e ad aprire il dibattito sul prossimo.
In questi funambolismi le politiche del 2023 sono un’occasione imperdibile per una politica ormai al capolinea e per i suoi capi che tentano di passare indenni come le salamandre nel fuoco degli insuccessi.
E tutto questo avviene mentre il paese, ancora incerto e insicuro sulla fine della pandemia, è già alle prese con una crisi dell’economia senza precedenti per cause ed effetti. E forse immagina già un autunno che farà rimpiangere questa strana estate del 2022.