Alcuni giorni fa il Presidente del Consiglio, accompagnato in pompa magna da alcuni ministri ( tra cui la ministra dell’Interno), si è recato in “missione” ad Ankara per discutere di alcuni temi di interesse comune con il “dittatore” Erdogan ( come ebbe a definirlo lo stesso Draghi alcuni mesi fa). Al termine dell’incontro tra “partner amici, alleati”, sono stati firmati diversi accordi tra cui quello dello scambio di informazioni sensibili a livello militare e di cooperazione sull’ immigrazione clandestina, con uno scambio di funzionari di alto livello ( in effetti già presenti, da anni, nelle rappresentanze diplomatiche di Ankara ed Istanbul).
Non è mancato un accenno alla necessità di lavorare sempre più a stretto contatto sulla Libia ( ritornello che si ripete da molti anni anche con altri Paesi) con una sottolineatura sulla questione migratoria a proposito della quale Draghi, per la prima volta, ha parlato “ di un atteggiamento di apertura senza limiti” che non possiamo più avere perché il “Paese non ce la fa più, anche noi abbiamo toccato il Limite”.
Stupisce che di questo cambio di rotta sulle immigrazioni Draghi abbia dato notizia all’estero e per giunta in un paese che è sempre stato particolarmente rigoroso con gli immigrati e li ha accolti solo perché ha ricevuto, in cambio di uno stringente controllo sull’immigrazione, consistenti contributi annui di denaro necessari anche per la crisi economica in atto in Turchia, dalla stessa UE. Tutto ciò non ha impedito, tuttavia, al momento opportuno, molte partenze dalle coste turche (non solo da quelle greche come ha dichiarato Erdogan) di imbarcazioni con migranti dirette verso le coste calabro-pugliesi. Natanti che salpano dalle coste turche anche grazie all’ egemonia che esercita la mafia turca in cambio di una “tassa” da parte delle organizzazioni di trafficanti.
Il “limite” insopportabile accennato da Draghi in tema di immigrazione che sarebbe stato raggiunto in Italia quest’anno,alla data dell’8 luglio, ha riguardato 30.373 migranti (furono 67.477 nel 2021) soccorsi in mare per lo più da navi di organizzazioni umanitarie o giunti sulla nostre coste con sbarchi autonomi, di cui 3.415 minori non accompagnati (erano stati 10.053 nell’intero 2021). Numeri molto inferiori a quelli degli anni Novanta e del Duemila, quando si annotarono oltre centomila sbarchi annui in gran parte soccorsi in mare da navi della nostra Marina Militare (operazioni Mare Nostrum, Poseidon). Il “limite”, questo si ampiamente superato, è quello, se mai, della “sopportazione” dimostrata negli anni dai vari Governi che si son succeduti, a fronte della tanto sbandierata solidarietà e senso di responsabilità condivisa che ci si aspettava dalle istituzioni della UE e dai vari paesi membri in tema di ricollocamento dei migranti, ancora oggi basato solo sulla volontarietà.
Si tornerà allora a parlare, nel più ampio contesto europeo, di ”gestione sostenibile” delle migrazioni, di intensificare i rimpatri, le espulsioni degli irregolari, gli accompagnamenti in frontiera, tutte procedure che richiedono, per esempio, disponibilità di posti nei pochi Centri per il rimpatrio (Cpr) e accordi di riammissione nei paesi di origine e “buone prassi” con diversi paesi africani non sempre facilmente praticabili.