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direttore Paolo Pagliaro

IIC Stoccolma: L’impegno del direttore tra tradizione e innovazione

IIC Stoccolma: L’impegno del direttore tra tradizione e innovazione

Far conoscere la cultura italiana in tutte le sue sfaccettature, attraverso il cinema, l’architettura e la musica: è questo l’obiettivo di Francesco Di Lella, recentemente nominato direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma.

 

Direttore Francesco Di Lella, lei lavora all’istituto italiano di Cultura di Stoccolma. Si tratta di un luogo amato dagli svedesi?

 

“Diciamo che l’istituto ha un po’ sofferto, come tutti gli istituti, della pandemia negli ultimi anni, e ovviamente le attività sono state sospese per tanto tempo. Io sono arrivato a Stoccolma da due mesi, ma la direttrice precedente ha organizzato una serie di attività all’esterno dell’Istituto: ad esempio sono state proposte poesie di poetesse italiane negli autobus. La cultura italiana grazie all’istituto è stata quindi al centro della vita cittadina. L’istituto è un luogo molto amato, perché è un edificio progettato alla fine degli anni ’50 da Gio Ponti e Pier Luigi Nervi; parte degli arredi sono prototipi originari di Gio Ponti. È un piccolo gioiello del design e dell’architettura italiana: si tratta di un luogo molto amato, in cui riprenderemo le attività e il calendario degli eventi, e il pubblico di Stoccolma potrà tornare in istituto”.

 

Lei citava un progetto della sua predecessora, che “veicolava” letteralmente la cultura italiana. Sta lavorando su qualcosa in particolare per il prossimo anno, un progetto a cui tiene particolarmente?

 

“Siamo in fase di elaborazione. Abbiamo un calendario che partirà con alcuni concerti a settembre. Ci sarà una collaborazione con il Milano design film festival, con design e architettura che sono al centro dell’interesse dell’attività della cultura svedese. Sicuramente un’iniziativa a cui tengo molto e che stiamo organizzando riguarda Pier Paolo Pasolini, a cui dedicheremo una settimana alla fine di ottobre. Pasolini ha visitato l’istituto italiano di cultura di Stoccolma nel fine ottobre del ’75. È stato lì pochi giorni prima di essere ucciso, realizzando il suo penultimo intervento pubblico. Avremo quindi una settimana di attività diverse, tra proiezioni di film, concerti, una giornata di studi dedicata ed una mostra fotografica”.

 

La cultura come strumento pacificatore tra i popoli. Quando pensa alla sua programmazione, quale filo vuole annodare più saldamente?

 

“L’idea è quella di diffondere la cultura italiana: in particolare, di raccontare come nei diversi settori della cultura italiana si interpreta il mondo nella sua complessità. Più che un filo conduttore, l’idea è quella di tenere insieme, appunto, la ‘complessità’. Forse questa è l’idea, un’idea che si sposa con la necessità di diversificare il pubblico dell’istituto, di proporre attività per un insieme di figure diverse, per restituire non soltanto la tradizione storico artistica e musicale, ma anche le nuove tendenze musicali contemporanee, campo in cui l’Italia ha avuto di recente grandi successi. C’è poi il cinema: abbiamo per esempio in corso un progetto con Biennale College, nell’ambito di una collaborazione tra quest’ultimo ed il ministero degli Esteri, che si svolgerà a Stoccolma per dare spazio ai più giovani registi e registe italiane. Cercheremo di proporre un insieme di sguardi sul presente e sul futuro che la cultura italiana oggi elabora”.

 

La comunità italiana a Stoccolma non è vastissima, ma è ben integrata. Che rapporti avete?

 

“Una parte della comunità frequenta l’istituto e le attività che proponiamo. Ci sono poi una serie di associazioni che tengono insieme e riassumono alcune istanze della comunità italiana e che sono chiaramente nostri partner”.

 

Potendo disporre di uno strumento in più, cosa chiederebbe alle istituzioni italiane?

 

“Viviamo in una situazione che condividiamo con tutti gli istituti: c’è una carenza di personale. Sicuramente, ancora più del rafforzamento dei fondi è necessario un rafforzamento dell’organico. Sono stati già fatti grandi passi avanti in questi ultimi anni, con nuovi ingressi. Io stesso sono stato assunto da qualche anno, ho parecipato all’’ultimo concorso pubblico per la posizione di funzionario della promozione culturale. Ma ora sicuramente sarebbe utile e importante stabilizzare nuovi ingressi nell’organico, perché le questioni di cui ci occupiamo non sono soltanto culturali. Gli Istituti Italiani di Cultura sono uffici del ministero degli Esteri: si tratta di sedi, spesso demaniali, come nel caso dell’istituto di Stoccolma, che devono affrontare questioni molto complesse. È necessario che ci sia il personale indispensabile per gestire al meglio  l’insieme dei nostri compiti”. (Sab – 5 set)

(© 9Colonne - citare la fonte)