di Paolo Pagliaro
Si pensava che dopo la creazione di un debito comune di 750 miliardi garantito dal bilancio europeo e destinato per quasi un terzo a risollevare l’Italia, almeno per qualche tempo non avremmo sentito parlare di Europa matrigna. Ma la memoria è corta e ora – in tempi di demagogia elettorale - pare che nel kit del buon patriota non possa mancare l’antieuropeismo.
E’ un umore che si va diffondendo anche in altri paesi e ieri, nel suo discorso di commiato dalla Corte Costituzionale, il presidente Giuliano Amato ne ha colto un aspetto quando ha denunciato la tentazione di affermare il primato del diritto nazionale su quello comune europeo. È la rivendicazione di Polonia, Romania e Ungheria. E’ uno dei motivi all’origine della Brexit. Ed è un argomento caro al sovranismo italiano, dato per vincente alle prossime elezioni.
Eppure si deve proprio alla prevalenza del diritto europeo se oggi l’tali in molti ambiti può definirsi un paese civile. Prendiamo l’ambiente. Dal contrasto della crisi climatica alla qualità dell’aria, dalla pulizia delle acque alla gestione dei rifiuti, dalla tutela dell’habitat naturale alle energie rinnovabili, l’Europa è all’origine dell’80% delle nostre norme. E quando veniamo sanzionati, come spesso accade, non sono in gioco i tratti essenziali della nostra identità, ma le nostre discariche abusive e le nostre reti fognarie non a norma.
Nascono da direttive europee molte leggi in materia di sicurezza e salute sul lavoro. Ha cambiato la vita dei nostri ragazzi l’Erasmus. E si potrebbe continuare a lungo. Certo l’Europa vorrebbe anche che ogni bene pubblico, spiagge comprese, venisse dato in concessione dopo una gara. Ma questo a molti di noi sembra poco patriottico
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