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IIC Barcellona, i progetti del direttore tra cultura e lingua italiana

IIC Barcellona, i progetti del direttore tra cultura e lingua italiana

L’Istituto italiano di cultura di Barcellona è al lavoro per promuovere la lingua e la cultura italiana in Spagna, Paese “fratello” dell’Italia: il direttore Lucio Izzo spiega a 9colonne quali sono i progetti a cui sta lavorando, con la convinzione che la cultura “è il veicolo più semplice e diretto per conoscersi e per scoprire le cose che abbiamo già in comune”.

Lucio Izzo, Direttore dell’Istituto italiano di cultura a Barcellona, un luogo fantastico per promuovere un Paese fantastico.
“La Spagna è un Paese amico, fratello direi, con una tradizione di conoscenza dell’Italia e dell’italiano lunghissima. Io amo sempre ricordare, avendo appena concluso le celebrazioni del settimo centenario dantesco, che le prime due traduzioni al mondo della Commedia, nel 1425 e ‘26, sono state fatte rispettivamente in spagnolo e catalano. Oggi ci sono molte università, molti centri di istruzione dove si studiano l’italiano, la cultura e la letteratura italiana. Come Istituto, noi ci muoviamo in linea con gli indirizzi non soltanto del nostro ministero ma, in generale, del Sistema Paese. Si tratta di promuovere l’italiano anche in relazione a quelli che sono i settori per cui l’italiano è popolare oggi: per esempio la gastronomia o il design. In particolare, il design è molto importante in Spagna: ci sono 7 centri di formazione dello IED, l’istituto europeo di design, che ha la propria sede centrale a Barcellona, mentre recentemente è stato aperto il settimo a Bilbao, e questo è un indicatore del fatto che l’Italia, ancora oggi, è assolutamente presente, popolare e amata. Se gli spagnoli hanno raggiunto uno strepitoso livello nella produzione del loro design, lo devono anche al fatto che gli italiani hanno portato la loro cultura e il loro saper fare in questo settore. I nostri corsi, ad esempio di lingua, sono soprattutto in questi ambiti, ma ovviamente abbiamo anche tantissimi studenti Erasmus; non abbiamo solo gli italiani che vanno a fare l’Erasmus a Barcellona, ma abbiamo tanti spagnoli e latino-americani che vivono in Spagna e che vengono poi in Italia per i nostri Erasmus”.

La cultura, in un momento in cui il mondo sembra impazzito, con diversi focolai di conflitto, può essere un paciere?


“Assolutamente sì, perché è il veicolo più semplice e diretto per conoscersi e per mettere in comune delle cose, o meglio per scoprire le cose che abbiamo già in comune”.

Il Covid ci ha costretto all’isolamento, la riapertura vi ha fatto trovare una platea diversa, con nuove esigenze, o avete ritrovato gli “amici di sempre”?


“Sicuramente abbiamo ritrovato gli amici di sempre, ma abbiamo guadagnato anche nuovi amici: noi dell’Istituto italiano di cultura siamo riusciti con enorme rapidità, nel momento in cui è stato impossibile continuare con i corsi in presenza, ad attivarci per i corsi online, e questo ci ha fatto raggiungere un numero di persone che prima non poteva frequentarci; per esempio, a Barcellona, la nostra area di competenza è molto vasta, e include le isole Baleari, Valencia, l’Aragona, che non avrebbero avuto la possibilità di studiare con noi, ma lo hanno fatto online e continuano a farlo, tant’è che oggi la domanda maggiore di corsi è ancora quella online. Abbiamo anche avvicinato un pubblico di tipo diverso: abbiamo molti più giovani oggi, i cosiddetti millennials, i nativi digitali, che hanno ovviamente una propensione allo studio online più degli adulti. È stata una bella sorpresa vedere come persone non più giovanissime, a causa o forse - guardiamola in positivo - grazie alla pandemia, hanno cominciato a scoprire e utilizzare bene il mezzo informatico”.

Un rapporto di scambio, di collaborazione tra Istituti, anche se operanti in luoghi diversi, quanto aiuta la programmazione e il lavoro che lei svolge?


“Aiuta moltissimo, nel senso che questo è uno dei pilastri della nostra attività, quello della cosiddetta circuitazione, che non significa semplicemente far girare uno stesso evento, ma significa ideare e programmare insieme cose che possono essere condivise; e questo non vale solo per i paesi europei: nel passato, ad esempio, sono stato a Rabat e insieme agli istituti della stessa sponda sud con quelli della sponda nord mediterranea abbiamo messo insieme delle idee e realizzato splendidi progetti. Credo non sia solo un’opportunità, ma direi quasi un obbligo per riuscire a svolgere un’attività culturale più efficace”.

C’è un progetto a cui lei ha collaborato o che ha ideato, che la rende particolarmente orgoglioso?


“Ce ne sono molti in verità, però io penso che il progetto di cui bisogna essere più orgogliosi sia quello che ancora bisogna realizzare. Ad esempio, ne abbiamo uno che, nella sua apparente semplicità, si realizzerà a settembre ed è la Festa della Mercè: Barcellona ha la santa patrona che è Nostra Signora della Misericordia ed è una festa di carattere nazional popolare che dura tre giorni; quest’anno siamo riusciti ad avere come città invitata Roma; quindi, in quei tre giorni si celebrerà Barcellona ma si celebrerà anche Roma con moltissimi eventi che sono sia a carattere spettacolare, che riguarderanno la musica, il cinema e l’arte di strada, ma anche la cultura alta. Sarà un grande contenitore che, peraltro, ci permetterà di promuovere l’appuntamento di Roma 2030”.


Le istituzioni vi sono molto vicine, se lei potesse esprimere un desiderio o fare una richiesta quale sarebbe?


“Io credo che le nostre istituzioni siano già estremamente coese e attive; naturalmente non parlo soltanto delle nostre, quindi consolati generali, ambasciate e il nostro Ministero. Mi riferisco anche agli altri Ministeri, in primis al Ministero della cultura, ma anche a tutte le altre istituzioni, fondazioni, musei. Se dovessi esprimere un auspicio, direi che sarebbe bello se si intesificassero le relazioni non soltanto con le istituzioni spagnole, che sono già eccellenti, ma che si ampliassero ulteriormente a livello europeo. In questo senso – ed è una cosa di cui sono particolarmente lieto - stiamo creando un cluster EUNIC, quindi l’Associazione degli istituti italiani di cultura di tutti i paesi europei, che fino ad ora non esisteva a Barcellona; insieme ai colleghi francesi e tedeschi e, naturalmente, spagnoli che, però, essendo i padroni di casa agiscono in una forma diversa, abbiamo creato questa unione. Ecco, aumentare, se possibile, lo spirito europeo e la presenza di cooperazione europea, che già esiste, ma renderla ancora più incisiva. Questo è l’auspicio”. (sab - 19 set)

(© 9Colonne - citare la fonte)