di Paolo Pagliaro
Sono passati 50 giorni ma ancora non sappiamo a chi addebitare gli attentati subacquei di fine settembre contro i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, che collegano la Russia alla Germania. Come in tutte le guerre, non c’è un’autorità super partes in grado di dirci come sono andate davvero le cose. Più che sulle ricognizioni degli ispettori o dei palombari dell’Onu, è probabile che alla fine faranno testo le perizie legali commissionate dalle grandi compagnie di assicurazioni chiamate ad affrontare eventuali richieste di risarcimento (miliardario) dei danni.
Come spiega Riccardo Sabbatini, giornalista che conosce bene la materia, gli assicuratori di Nord Stream 1 potrebbero contestare qualsiasi domanda di risarcimento se la responsabilità fosse dei russi (azionisti di maggioranza del gasdotto) o degli ucraini: atti di autosabotaggio o di guerra sono infatti due situazioni non coperte da assicurazione. Diverso sarebbe se fosse accertata la responsabilità degli Stati Uniti o dei loro alleati, come sostiene Putin.
Visto che gli occidentali non sono formalmente in guerra, il danno potrebbe essere definito un atto di terrorismo, che sarebbe invece coperto da assicurazione. I proprietari di Nord Stream sono naturalmente più inclini alla tesi dell’atto terroristico, gli assicuratori a quella dell’autosabotaggio che consentirebbe loro di non mettere mano al portafoglio. L’opinione pubblica –conclude Sabbatini - avrebbe qualche interesse a un’informazione non manipolata, ma questo è un obiettivo per ora fuori portata