di Paolo Pagliaro
Il Partito Democratico non assomiglia neppure lontanamente agli strati sociali più deboli che vorrebbe rappresentare. I suoi gruppi dirigenti sono costituiti da liberi professionisti, docenti e funzionari pubblici. Abbondano gli avvocati, che in Italia sono lo 0,4% della popolazione ma nel Pd pesano per il 19%. Di operai, manovali, infermieri, rider, badanti o camerieri non c’è traccia: sono lo 0,2% dei dirigenti e degli eletti. Quasi nessuno tra i componenti delle assemblee e delle segreterie regionali si è fermato alla licenza media, per la precisione lo 0,5 %. Siamo molto distanti da quel 33% di italiani che non sono andati oltre la scuola dell’obbligo. Questo racconta la fotografia della leadership nazionale e locale del Pd scattata da Eugenio Marino, responsabile dell'organizzazione del partito nel Sud e Isole. Grazie a un questionario compilato dai dirigenti del Pd in Abruzzo, Molise, Basilicata, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna, Marino ha disegnato il loro identikit. Il fatto che non esistano dirigenti che svolgono lavori manuali non si spiega solo con il declino della classe operaia. Nel Sud gli operai sono decine di migliaia. Si possono incontrare nelle città portuali, da Gioia Tauro a Palermo a Napoli e nelle grandi fabbriche come la Fiat di Melfi o l’Ilva di Taranto. Ma non li incontra e non li valorizza il Pd che, dice Marino, ha accettato che si demonizzasse il professionismo in politica e ha rinunciato così a formare i propri quadri. Gli unici tre dirigenti che nel Sud provengono dalla classe operaia li ha rintracciati e intervistati oggi su Repubblica Concetto Vecchio. Ed è stato un vero e proprio scoop.
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