di Paolo Pagliaro
Il regionalismo differenziato darà il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale, aumenterà le diseguaglianze regionali e perpetuerà per legge il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. Questo giudizio impietoso viene dalla Fondazione Gimbe che - nel giorno in cui la legge Calderoli approda in consiglio dei ministri - scende in campo facendo valere il peso della propria autorevolezza in tema di politiche sanitarie.
Sulle richieste di maggiore autonomia avanzate da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto la Fondazione guidata da Nino Cartabellotta ha chiesto il paere di duemila stakeholder della sanità ed è giunta a conclusioni perentorie. Secondo l’istituto alcune istanze , come l’abolizione dei tetti di spesa per il personale sanitario e l’istituzione di contratti di formazione-lavoro, dovrebbero essere estese a tutte le regioni. Ma altre vengono invece definite “eversive”. Come ad esempio la richiesta del Veneto di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti della sanità, e di autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero-professionale: questo introdurrebbe una concorrenza tra Regioni con “migrazione” di personale dal Sud al Nord, ponendo oltretutto una pietra tombale sulla contrattazione collettiva nazionale.
Ed è paradossale - fa notare ancora la Fondazione - che il divario tra nord e sud si accentui proprio nel momento in cui l’Italia ha sottoscritto con l’Europa il Piano nazionale di ripresa, che ha l’obiettivo opposto, cioè di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali. La richiesta conclusiva è che la “tutela della salute” non sia compresa tra le materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie.