“Governeremo cinque anni”, “Abbiamo davanti cinque anni”, “Nei cinque anni in cui saremo al governo”, “Il nostro governo, che durerà cinque anni” e via di questo passo, dando per scontato un quinquennio ininterrotto di centro destra o più esattamente di destra-centro. Ci avete fatto caso? In ogni intervento, dichiarazione, intervista, polemica, esternazione Giorgia Meloni e il personale di servizio del suo governo ci tengono a ricordarci questa presunta longevità. Lo fanno con un’insistenza che ricorda i fischi di incitamento dei tifosi per una squadra di calcio che ha qualche motivo di temere per quanto sta accadendo in campo.
Lo si è avvertito anche nei commenti sui risultati delle regionali in Lombardia e Lazio con qualche certezza in più che però non è stata sufficiente a stemperare il nervosismo provocato dalle liti in famiglia. Affrontano con temerarietà il rischio di apparire ed essere ripetitivi, ma questo non sembra preoccuparli tanto più che dall’opposizione non arrivano segnali di pericolo immediato. Che lo dica ripetutamente la presidente del consiglio non impedisce a ministri, sottosegretari e aggiunti di fare altrettanto con una sicumera che tradisce però un senso di insicurezza. Come quelli che per paura parlano a voce alta nel buio per darsi coraggio, ricorrono all’intercalare sulla durata del governo, dando per scontata da un lato un’armonia tra gli alleati di Palazzo Chigi su cui nessun bookmaker inglese rischierebbe un penny, dall’altro lato il perdurare oltre un certo limite dell’irragionevole ricreazione del Pd e della confusa e indecifrabile strategia degli altri pezzi sparsi dell’opposizione.
A fare da sfondo i primi cento giorni di governo che, al netto degli effetti dei paletti lasciati in eredità da Draghi, sono stati un susseguirsi di stop and go fatto di decisioni annunciate o prese e poi puntualmente ritirate o modificate spesso per evidente inadeguatezza delle stesse, nella stesura e nei contenuti. E quando a sollevare le critiche non è stata l’opposizione hanno provveduto di volta in volta alcune componenti della maggioranza costringendo Giorgia Meloni a intervenire per mettere una toppa, naturalmente con seguito di assicurazione sulla “durata del governo”.
Poi è arrivata la scossa dei risultati elettorali, preceduta se non proprio influenzata dai capricci del Cavaliere le cui esternazioni su Putin e sulla Rai hanno letteralmente mandato in bestia Giorgia Meloni anche se i risultati di FdI alle regionali del Lazio e della Lombardia possono aver stemperato la sua ira. Ma non il bisogno di dire e far dire che il governo durerà cinque anni, come pure sostengono alcuni osservatori politici. E sempre con la garanzia -questa sì certa- che l’opposizione non è in grado di costruire un fronte veramente alternativo. Come dire che se il governo sarà costretto a chiudere ingloriosamente in anticipo il suo mandato è perché ha collassato di suo.
Su questo scenario sventola la bandiera della durata dei cinque anni, una sorta di “tireremo dritto” di non felice memoria, un messaggio che però non spiega come Salvini e Berlusconi si rassegneranno a una posizione di retroguardia “usque ad finem”.