Un grande merito è indubbiamente da attribuire all’istruttoria della procura di Bergamo, che ha messo sotto accusa, fra gli altri, l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della sanità Roberto Speranza, l’attuale presidente della regione Lombardia Attilio Fontana con l’ex assessore della sanità regionale Gallera, e gran parte dei vertici del Comitato tecnico Scientifico: ha unificato la rissosa e rancorosa politica nazionale. I diversi campi – governo, opposizioni, scuole scientifiche, apparati burocratici, persino i sindacati - si ritrovano nel respingere gli avvisi di garanzia inviati dai PM bergamaschi. Ognuno difende solo i suoi- il centro destra i dirigenti lombardi, il centro sinistra i vertici dell’ex governo Conte2- ma insieme attaccano la legittimità dei magistrati. Persino Repubblica continua a non pubblicare alcun riferimento all’indagine in prima pagina, segno di una diffidenza di fondo.
Anche Romano Prodi, intervistato da Lucia Annunciata, ha drasticamente contestato il metodo seguito da quella procura.
Il filo conduttore di tutte le critiche agli atti giudiziari, e , indirettamente, alla perizia tecnica depositata da Andrea Crisanti, allora cattedratico e massimo esperto virologo ed oggi senatore del PD, si basa sull’inconsistenza, sostengono tutte le parti politiche, di un giudizio critico sull’azione delle istituzioni a posteriori. Come si fa, oggi, alla luce di quello che abbiamo dolorosamente imparato sul Covid, contestare le singole decisioni assunte dinanzi all’esplosione improvvisa di un fenomeno del tutto inedito e sconosciuto, quale quella pandemia? Peccato che non sia proprio così.
L’azione dei magistrati di Bergamo, sulla base di circostanziate denunce presentate dai familiari delle migliaia di vittime che in poche settimane si sono concentrate in quell’area della regione lombarda, è stata formalizzata nel giugno del 2020, a meno di due mesi dai giorni in cui sono maturati i fatti oggetto delle accuse. La laboriosa e complessa perizia di Crisanti inizia proprio in quei giorni, siamo nel cuore della prima fase del contagio, e si conclude più di un anno fa. Dunque non ha alcun fondamento la tiritera sul senno di poi. Quell’istruttoria, basata su quel parere documentato di Crisanti è stata elaborato e ponderata con il senno di allora.
L’inchiesta giudiziaria non ha come oggetto una vaga strategia, del governo o della regione Lombardia, o la confutazione di scuole di pensiero sanitario di questo o quel dirigente del CTS, ma singoli fatti, circostanze precise, atti pubblici, dichiarazioni firmate di una data ora di un dato giorno. La magistratura non mette sotto accusa generiche inerzie o discutibili opzioni politiche o scientifiche, ma contesta comportamenti specifici che hanno derogato da procedure e norme definite.
In particolare si ricostruisce il composito e articolato carteggio che fra il 26 febbraio e il 5 marzo vede impegnati tutti gli indagati, ognuno per la propria parte, ma convergenti nel cercare di scongiurare la proclamazione della zona rossa nell’industrializzata zona di Alzano e Nembro, mentre lo stesso provvedimento era stato adottato senza resistenze nella bassa lodigiana solo qualche giorno prima.
E’ di questo carteggio, delle singole posizioni, di quello che poi ognuno ha dichiarato negli interrogatori degli inquirenti, che si sta discutendo. E sulle ragioni e fondatezza delle singole motivazioni addotte da chi doveva decidere e non decise che Crisanti, con quesiti precisi e non a sua pura discrezione, ha dovuto fornire basi scientifiche per misurare il danno.
Allora sarebbe forse più saggio e utile, anche in vista di un malaugurato futuro in cui dovessimo trovarci ancora in emergenza, cercare di fissare con trasparenza e buona fede quelle buone pratiche a cui istituzioni nazionali e locali devono attenersi. Penso ad esempio all’immediata adozione di materiale sanitario per proteggere i medici e il personale infermieristico, come prevedeva addirittura il piano di emergenza pandemico, che pur non aggiornato, rimaneva comunque uno strumento da non ignorare.
A questo punto sarebbe bene che fosse quanto prima resa pubblica la relazione tecnica di Andrea Crisanti in modo da focalizzare i termini della questione senza divagazioni o distorsioni. Quest’inchiesta riguarda un buco nero della repubblica, costato lacrime e sangue e non può essere sminuzzata o, peggio, archiviata con la solita prescrizione. Se, come ci ha fatto sapere lo stesso Crisanti, nel testo della sua relazione potremmo trovare singole e specifiche contestazioni agli atti contraddittori e ingiustificati che hanno rallentato la risposta al virus, con il supporto di capacità di calcolo che assicurano certezza nella previsione delle conseguenze di ogni inadempienza, allora dobbiamo fare tesoro di questo metodo e permettere agli accusati di rispondere con la stessa esauriente e ampia capacità di replica e di difesa. Sapendo per altro che l’attuale posizione di Crisanti, senatore del PD, rispetto a molti degli accusati che fanno parte della sua area politica, ci conferma l’integrità e la coscienza con cui ha lavorato il cattedratico al tempo dei fatti. Un motivo in più per rendergli grazie.
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