Il tragico naufragio di migranti in prossimità della spiaggia di Cutro, con decine di morti e dispersi, tra cui molti bambini, ha riproposto, nella sua drammaticità, il problema del traffico di migranti e dei soccorsi in mare. Su quest’ultimo punto, in particolare, ci sono ancora aspre polemiche politiche, scaturite anche da alcune dichiarazioni, a dir poco oscene, del Ministro dell’Interno (la colpa della strage attribuita alla “irresponsabilità” dei genitori migranti) ed è stata avviata, doverosamente, una indagine dalla Procura della Repubblica di Crotone per accertare eventuali responsabilità degli organismi preposti ai soccorsi in mare.
Intanto, non si può ignorare il fatto che da almeno quindici anni non viene redatto il “Documento programmatico” (art. 3 Testo Unico sull’immigrazione) che doveva essere emanato ogni tre anni dal Presidente del Consiglio sugli interventi che lo Stato italiano intende adottare in materia di immigrazione anche in cooperazione con gli altri Stati dell’Ue, con le organizzazioni internazionali e con quelle non governative. Si naviga, dunque, a vista e non si ricorda che, nella storia, i processi migratori hanno rappresentato uno dei fattori più importanti di mutamento sociale e in molti casi di avanzamento economico. Se ad uno sguardo retrospettivo è possibile individuare fasi alterne, contraddistinte da politiche migratorie restrittive/permissive, da alcuni anni a questa parte prevale una netta tendenza, su scala internazionale, verso l’adozione di politiche di divieto all’ingresso, in concomitanza con il crescere del numero di rifugiati e di migranti nel mondo.
Divieti all’ingresso che, talvolta, lasciano francamente perplessi quando si parla, per esempio, di “blocco navale” per impedire le partenze dalle coste libiche, di “barriere anticlandestini” da realizzare al confine americano (oltre mille chilometri) con il Messico o di altre iniziative fallite, come quella inglese del 2006 di dare alcune centinaia di sterline per incoraggiare gli stranieri a prendere un aereo per tornare nel paese di origine o quella. avanzata anni fa dall’allora presidente colombiano Alvaro Uribe a due senatori americani in visita nel paese, di impiantare un microchip nel corpo dei lavoratori stagionali colombiani che si recavano negli Usa in modo da poterli localizzare per l’espulsione alla scadenza del permesso.
L’aumento dei flussi migratori in direzione delle aree più sviluppate del pianeta, unitamente all’adozione di norme fortemente restrittive in tema di immigrazione, ha contribuito, in modo significativo, alla creazione di spazi extragiuridici a tutto vantaggio di organizzazioni criminali che sfruttano la richiesta di emigrare di ampie fasce di popolazione provenienti dai paesi poveri. L’Italia, come altri Stati europei, è, da alcuni decenni, luogo di destinazione e di transito di significativi flussi di immigrati giunti in modo legale e illegale. La presenza nel nostro territorio di almeno 150 diverse nazionalità che vi risiedono dà conto dell’ampiezza di tale fenomeno. Fenomeno che assumerà proporzioni vastissime negli anni prossimi con pressioni demografiche che indicano, a metà del corrente secolo, un numero di circa 300 milioni di migranti nel mondo. Movimenti determinati da molteplici fattori di squilibrio tra i quali assumono particolare importanza: 1) quelli di natura demografica con una popolazione in crescita che continua ad espandersi esclusivamente nei paesi ad economia meno avanzata; 2) quelli di natura economica dovuti alla condizione sempre più critica dei cittadini dei paesi poveri. La povertà determina una bassissima qualità della vita e prospettive non comparabili con quelle offerte dai paesi industrializzati; 3) quelli di natura sanitaria o ambientale come le epidemie, la siccità, la desertificazione; 4) quelli di natura politica dovuti alle guerre civili, agli scontri etnici, al terrorismo, alle rivalità tribali, con le istituzioni locali incapaci di garantire livelli di tutela minima ai cittadini.
Non vi è dubbio che la profonda spaccatura tra i paesi ricchi e poveri sia la causa principale di tali migrazioni destinate ad aumentare ancora nei prossimi anni e che impongono al nostro Governo e a tutti quelli coinvolti dal fenomeno in ambito UE, di approntare, oggi, adeguate strutture logistiche con nuove norme che consentano di far fronte alla immigrazione, agevolando e non ostacolando la preziosa attività di salvataggio in mare dei migranti da parte delle navi umanitarie.