di Paolo Pagliaro
Sulla carta, il servizio sanitario nazionale è finanziato dallo Stato con le tasse pagate dagli italiani che le pagano. Ma nel 2021, ultimo anno per cui i conti della Sanità sono disponibili il 22% della spesa sanitaria complessiva è stata invece a carico delle famiglie: 36 miliardi su 168. Molti italiani pagano di tasca propria visite mediche, farmaci, apparecchi terapeutici, lungodegenze. I dati - illustrati dall’Istat nel corso di un’audizione alla commissione affari sociale della Camera – dicono che chi si fa visitare e curare a pagamento lo fa in genere perché scoraggiato dalle lunghe liste d’attesa della sanità pubblica. Quasi nessuna regione è riuscita a recuperare le code accumulatesi durante la pandemia.
Le statistiche sarebbero ancor più impietose se tenessero conto di ciò che le famiglie spendono per l’assistenza a chi soffre di demenza e in particolare di Alzheimer. I malati sono 1 milione e 200 mila, e ci sono sono tre milioni di persone che si occupano di loro. Questa malattia ha un costo umano molto alto e uno economico di 15 miliardi, per l’80% a carico delle famiglie.
L’altro giorno al Senato l’ Associazione italiana malattia di Alzheimer e la Società di Neurologia hanno illustrato un pacchetto di proposte indirizzate alle forze politiche e ai diversi livelli di governo. Chiedono più attenzione da parte del Pnrr, e quindi investimenti nel personale e nella capacità di erogare servizi, ospedali di comunità aperti anche ai pazienti Alzheimer, infermiere di famiglia, formazione e tutele per chi si prende cura dei malati. I politici intervenuti – Simona Malpezzi del Pd, Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia, Elena Bonetti di Italia Viva - hanno condiviso proposte e impegni, un mezzo miracolo dati i tempi.