di Paolo Pagliaro
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con i suoi 235 miliardi di potenziali investimenti, rischia di essere uno storico fallimento perché mancano le persone in grado di attuarlo. E’ questo il senso delle sempre più frequenti richieste di soccorso che arrivano dagli addetti ai lavori, in particolare dagli enti locali e dalle imprese. Dice la Svimez che le procedure previste dai bandi sono talmente complesse che la maggioranza dei Comuni non è in grado di partecipare senza l’apporto di consulenti esterni. Che però non si trovano. Le opere che procedono più a rilento, soprattutto al Sud, sono quelle con investimenti fino a un milione di euro.. La carenza di personale tecnico fa sì che i Comuni del Mezzogiorno impieghino quasi tre anni per completare un’infrastruttura sociale, nove mesi in più della media italiana, un anno e mezzo in più dei Comuni del Nord-Ovest.
Le grandi aziende hanno le stesse difficoltà dei piccoli comuni. Secondo una ricerca condotta dal Centro Studi di "Distretto Italia" - cui aderiscono marchi importanti, da Autostrade a Eni – servirebbero subito circa 10 mila tecnici specializzati: in particolare posatori e giuntisti di fibra ottica, responsabili di cantiere, tecnici e programmatori software, impiantisti elettrici.
In uno studio pubblicato di recente, la Banca d’Italia stima che l’anno prossimo il Pnrr dovrebbe essere in grado di creare 375 mila nuovi posti di lavoro, in gran parte nel settore privato. Sarebbero però necessari investimenti significativi in istruzione e in politiche attive. E servirebbero anche – si legge nel rapporto – “politiche migratorie finalizzate all’attrazione di personale qualificato”.