di Paolo Pagliaro
E’ uno spot efficace per il salario minimo l’articolo letto stamane sull’edizione romana di Repubblica. Una cronista si è proposta come cameriera nei ristoranti e nei bar del centro storico, presi d’assalto dai turisti, e ci racconta come è andata. Si comincia in un bistrot di via Panisperna dove le offrono 40 euro per 8 ore di lavoro, dunque 5 euro l’ora. L’aspirante cameriera scoprirà poi che questo è il compenso proposto da quasi tutti gli altri locali interpellati. Nel quartiere del Pigneto per la verità si potrebbero guadagnare anche 7 euro, ma il posto è garantito solo per due sere a settimana dato che il gestore non vuole personale fisso. Tranne una pizzeria nel rione Monti e un bar al Colosseo, nessuno ovviamente garantisce un contratto. In molti casi si resta sul vago anche per quanto riguarda il compenso che dipende, si spiega, dalle capacità del lavoratore.
Un salario minimo nazionale, stabilito dal governo o dalle parti sociali, esiste attualmente in 171 dei 186 paesi membri dell’Organizzazione internazionale del lavoro. L’Italia è una delle pochissime eccezioni. In Europa l’ultima ad adottarlo è stata, nel 2015, la Germania dove il valore del salario minimo viene rinegoziato ogni due anni da una apposita commissione ed è attualmente di 12 euro l’ora.
Da noi ci sono state diverse proposte legislative per introdurre un salario minimo legale. Se se ne parlò nel Jobs Act del 2014, e nei progetti di legge presentati dal Pd, dal Movimento 5 Stelle e da Liberi e uguali negli anni successivi. Ci fu anche una proposta di legge presentata il 28 gennaio 2019 da Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d’Italia . Spiegava che l'assenza di una retribuzione minima contribuisce all'aumento delle diseguaglianze. Ma la linea del partito ora è cambiata.