di Paolo Pagliaro
Festeggia la Sapienza di Roma, prima università al mondo per Studi classici e Storia antica. Festeggia il Politecnico di Milano, prima università italiana nella classifica generale globale. Festeggiano Luiss e Tor Vergata, l’Alma Mater di Bologna e il Bo di Padova che guadagnano posizioni nei segmenti in cui tradizionalmente eccellono. Nell’ultimo ranking mondiale delle Università, pubblicato ieri, ci sono riconoscimenti anche per la Bocconi, per la Normale di Pisa, la Federico II di Napoli e per diverse altre università italiane che qui non è possibile elencare.
Ma anche questa volta nessuna università italiana figura tra le prime 100 della classifica generale, guidata come sempre da atenei e americani e britannici, il Mit e Cambridge, Stanford e Oxford, Harvard e Pasadena. Per trovare la prima italiana, il Politecnico di Milano, bisogna scendere fino al 139mo posto.
Sulla sensatezza di queste classifiche ci sono molti dubbi: assomigliano a una gara automobilistica dove alcuni concorrenti sono alla guida di una Ferrari e altri di una Panda, come ha scritto Roars, la rivista dei ricercatori italiani. Che ha fatto notare come il budget a disposizione dei primi 4 classificati sia superiore a quello di cui dispongono tutti e 65 gli atenei statali italiani messi insieme. Con l’ulteriore differenza che i quattro big hanno 67 mila studenti, mentre le nostre università ne devono seguire 1 milione e mezzo. In queste condizioni il miracolo è che i ricercatori italiani producano più del doppio degli articoli scientifici, 56.000 contro i 26.000 dei magnifici quattro. E che egli Stati Uniti ci siano centinaia di docenti che hanno ottenuto il loro dottorato in Italia, come ha fatto notare recentemente la rivista Nature.