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STEFANO DAL CORSO
FAMIGLIA: FATE AUTOPSIA

STEFANO DAL CORSO <br> FAMIGLIA: FATE AUTOPSIA

Stefano Dal Corso è morto nell’infermeria de carcere di Oristano, lo scorso 12 ottobre, ufficialmente suicida per impiccagione. Ma la famiglia Dal Corso, nella persona della sorella Marisa, e l’avvocato Armida Decina chiedono che venga effettuata sul corpo di Stefano un’autopsia, affinché venga fatta piena luce su quanto avvenuto: secondo il legale che si occupa del caso infatti del ritrovamento del corpo non esistono rilievi fotografici, e dalle poche foto del cadavere – mostrate oggi in una conferenza stampa in Senato - emergerebbero anche ferite di altri tipo, per esempio alle braccia. “Vogliamo un’autopsia per sapere che cosa è successo”, scandisce l’avvocato Decina in conferenza stampa. “In questi casi sono abituata a trovare album fotografici diversi. Perché queste foto non c’erano?”.  Decina spiega poi che la dottoressa Cristina Cattaneo, medico legale di fama nazionale, nella propria consulenza escluda che possa bastare un solco al collo come unico elemento per stabilire l’auto-impiccagione”.   L’avvocato Decina rileva anche il fatto che “Stefano era solo nella stanza, il letto sopra alle grate alle quali si sarebbe impiccato era rifatto, senza impronte di piedi. E soprattutto, dove avrebbe preso il lenzuolo usato come corda, se il lenzuolo dell’unico letto della stanza era al proprio al posto, nel letto rifatto?”.

Da qui quella che è l’unica richiesta della famiglia: un’autopsia per fare chiarezza. Esame autoptico che finora non è stato disposto perché secondo la Procura la causa della morte sarebbe pacifica: suicidio. La famiglia Dal Corso ha fatto richiesta di parte, e nel caso di ulteriore rigetto è stata anche aperta una raccolta fondi (su gofundme) perché “servono 8mila euro per una autopsia completa privata, e la famiglia Dal Corso non è in condizione di affrontare una spesa del genere”, spiega Luca Blasi, assessore del municipio di Roma in cui vive la famiglia Dal Corso, al Tufello. “Vogliamo sapere cosa è successo – ribadisce Marisa, commossa ma ferma -  Non credo che mio fratello abbia voluto fare una cosa del genere, in primis per sua figlia ma anche per le lettere che aveva spedito nei giorni precedenti in cui parlava di “voler ricominciare””. Il suo è un appello alla trasparenza: “Se fossi responsabile di un carcere e venissi messa in discussione, sarei la prima a richiedere una autopsia per chiarire la posizione di una persona posta sotto la tutela dello stato”.   Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra, in conferenza stampa ha assicurato il proprio impegno “affinché in Italia, come è giusto che sia, venga introdotta l’obbligatorietà di eseguire l’autopsia in caso di morte sospetta in carcere”.

(© 9Colonne - citare la fonte)