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direttore Paolo Pagliaro

CORTE CONTI: NOSTRA
ECONOMIA RESISTENTE

CORTE CONTI: NOSTRA <BR> ECONOMIA RESISTENTE

“Le ottime capacità di resistenza dimostrate dall’economia italiana ai ripetuti shock che hanno contrassegnato lo scenario nazionale e internazionale costituiscono una solida base per la ripartenza e spingono ad affrontare con fiducia le complesse sfide legate alla necessità di accrescere durevolmente il tasso di sviluppo e ridurre il peso del debito pubblico nel nuovo quadro di governance economica dell’Unione europea”. E’ quanto evidenzia la Corte dei conti nell’edizione 2023 del Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, presentato oggi al Parlamento, a Roma - presenti anche i ministri Giorgetti (Mef) e Calderone (Lavoro e Politiche sociali) - nella Sala Capitolare presso il chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva. I lavori sono stati aperti dal presidente della Corte dei conti, Guido Carlino. Nel documento, redatto dalle Sezioni riunite in sede di controllo, i giudici contabili hanno osservato che “il complesso quadro internazionale nel quale si stanno sviluppando le politiche pubbliche - segnato dalle tensioni geopolitiche legate al conflitto russo-ucraino, dalle connesse e persistenti pressioni inflazionistiche, dal deciso rialzo dei tassi di interesse e dal riaffiorare di rischi di instabilità finanziaria globale - continua a far stimare una decelerazione del commercio mondiale e delle attività economiche nella maggior parte dei Paesi”. Pur in tale contesto - prosegue lo studio - le attività in Italia hanno superato, nel corso del 2022, i livelli precedenti la crisi pandemica. Rispetto al 2019, il prodotto interno lordo registra una crescita dell’1% in termini reali (valore analogo a quello della Francia e superiore a Germania e Spagna). La crescita del Pil (+3,7%) è stata ancora sostenuta dalla domanda interna (4,6%). Gli indicatori economici riferiti ai primi mesi del 2023 confermano la moderazione dei ritmi produttivi, ma evidenziano un maggiore dinamismo dell’economia italiana rispetto alla media dell’area Euro. Il Pil del primo trimestre 2023 è in aumento dello 0,5% sull’ultimo quarto del 2022, dato analogo a quello spagnolo e superiore a Francia (0,2%), all’Area euro (0,1%) e alla variazione nulla registrata in Germania, con una ripresa italiana che appare diffusa tra settori, coinvolgendo sia l’industria che i servizi Ha orientamento favorevole - sottolinea, inoltre, la magistratura contabile - il quadro occupazionale e ad aprile, i prezzi al consumo hanno segnato un nuovo aumento congiunturale (+0,5%) anche a riflesso della (transitoria) ripresa dei prezzi dei beni energetici non regolamentati. L’inflazione acquisita per il 2023 è pari al +5,4% per l’indice generale e al +4,6% per la componente di fondo (core). Segnali incoraggianti si traggono, tuttavia, dall’andamento dei prezzi alla produzione. La ripresa del primo trimestre supporta le stime macroeconomiche contenute nel DEF, che hanno rivisto in rialzo la crescita Pil di tre decimi di punto, valutandola, per il 2023, all’1%. Nel quadro programmatico essa si rafforzerebbe nel 2024 (1,5%), per poi affievolirsi nel biennio successivo (1,3 e 1,1%), convergendo verso il potenziale. Un elemento di riflessione è costituito dall’implicita proiezione del differenziale di sviluppo dell’Italia rispetto alla media dell’Area euro: dopo il biennio 2021-22 esso tornerebbe ampiamente negativo, in linea con l’esperienza storica.

PNRR. Sul fronte del Pnrr - malgrado i mutamenti di quadro macroeconomico intervenuti dal 2021 sul versante dell’aumento dei prezzi e della conseguente riduzione del valore reale della spesa, che hanno inciso sulle stime ufficiali di crescita - un aspetto che, sottolinea la Corte, non è stato adeguatamente considerato nel dibattito pubblico è il fatto che, nonostante la revisione delle stime dell’impatto del Piano sul livello del prodotto, sono tuttora molto forti, in termini di velocità, gli effetti di cui il Pnrr è accreditato in termini di variazione del Pil: nel quadriennio 2023-2026 due terzi del tasso di crescita medio annuo prefigurato nel Def sono, infatti, ascrivibili al Piano (1,2%, a fronte dello 0,4 in assenza di Pnrr). Nel 2022 il debito pubblico ha continuato a ridursi in quota di Pil (dal 149,9 al 144,4%) e dopo l’inversione di tendenza registrata nel 2021 - tradottasi in una caduta di 5 punti di prodotto rispetto al picco pandemico (154,9%) - la discesa sta proseguendo a ritmi elevati e più significativi di quanto prefigurato sia nel Def 2022 che nella successiva Nota di aggiornamento. Secondo i dati Eurostat riferiti all’Area euro, l’incidenza del debito sul prodotto si è ridotta di 3,9 punti (91,6%), con un rapporto sceso di 1,3 punti in Francia (111,6%), di 3,3 in Germania (66,3%) e di 5,1 in Spagna (113,2%). Nel Rapporto dei giudici contabili si sottolinea come il rientro del debito trovi tra i suoi presupposti la tenuta delle entrate pubbliche, di cui si esaminano nel documento importanti comparti come Irpef, Iva e spese fiscali (anche in vista del disegno di legge delega) ed una gestione accorta delle grandi aree di spesa pubblica corrente (previdenza, assistenza e sanità sono i fronti specificamente trattati nel Documento).   (Roc – 25 mag)    

           

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